CI SCRIVE UNA SOCIA DELLA COOPERATIVA SAN MICHELE ARCANGELO

Lavoro a Rieti

Sono una socia della cooperativa San Michele Arcangelo, ho 32 anni. Vi scrivo dopo aver letto in questi giorni diversi articoli sulla vicenda dei due nostri ex collaboratori. E rimango esterrefatta.

Per questo motivo mi sono sentita in dovere di scrivervi, in difesa soprattutto di quei lavoratori che in questa città, colpita gravemente dalla crisi, ogni mattina svolgono il proprio dovere onestamente e cercano di costruire la propria vita senza sentire il bisogno di rivolgersi all’amico politico o ai rappresentanti delle istituzioni per ottenere un lavoro.

Sono una persona diversamente abile, un’espressione mediaticamente corretta che dietro nasconde i sacrifici di una vita in cui occorre dimostrare di essere più capaci di altri se si vuole una propria dignità lavorativa. Io ci sono riuscita, grazie al mio impegno e alla mia volontà.

Non sono andata a pregare nessun assessore o consigliere comunale-provinciale-regionale, sindaco o presidente di Provincia per avere un posto di lavoro. Ho contato su me stessa e la mattina posso guardarmi allo specchio senza abbassare gli occhi.

Posso comprendere, inoltre, il disagio di chi resta senza una occupazione e deve fare fronte al mantenimento delle proprie famiglie. Ripeto famiglie e non prosecuzione delle proprie “esigenze” personali, magari di svago e divertimento in qualche bar cittadino.

Nonostante io non abbia una occupazione, sono stata ben felice come fondatrice di accogliere nella nostra cooperativa i lavoratori che già in precedenza avevano la custodia dei campi sportivi.

Il pietismo peloso che alcuni stanno cercando in queste ore di ottenere danneggia solo chi ha veramente bisogno e lo spazio che date sui vostri giornali a certe vicende poco credibili fa male a chi soffre veramente della propria condizione, ma nel silenzio di una personale perseveranza combatte a testa alta spesso anche nell’indifferenza dei sindacati.

Proprio a questi voglio rivolgere una domanda, in particolare ai segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil. È giusto mobilitarsi in difesa del singolo, ma trovo paradossale attaccare un cooperativa che dà occupazione a diverse persone e che ha le potenzialità per trasformare una situazione precaria di lavoro in una stabile. Forse è preferibile difendere anni e anni di “partite Iva” di fronte a una prospettiva di stabilizzazione?

Mi rivolgo, infine, anche a voi giornalisti. A quanto leggo, nessuno di voi ha voluto capire i motivi del mancato rinnovo di contratti. È sufficiente un gesto eclatante per assolvere un lavoratore dalle proprie responsabilità? Forse nella mia vita se avessi compiuto i cosiddetti atti dimostrativi avrei avuto un’esistenza più semplice, ma di certo non ne avrei guadagnato in dignità, ma soprattutto non si sarebbe resa giustizia alla verità e ai tantissimi lavoratori che compiono il proprio dovere e che se hanno bisogno di protestare non si presentano con benzina e fuoco in un’istituzione.

Probabilmente l’onestà non fa più notizia.