Il dott. Zepponi ci racconta la storia di Semmelweis, il medico che scoprì l’importanza di lavarsi le mani

In occasione della Giornata Mondiale Igiene delle Mani che si tiene oggi, mercoledì 5 maggio 2021, il dott. Enrico Zepponi presidente della LILT (Lega italiana per la lotta contro i tumori) Associazione di Rieti, già primario del reparto analisi del OPG, ricorda il medico ungherese Ignac Semmelweis (nato a Buda, oggi Budapest, il 1° luglio 1818, e morto a Vienna 13 agosto 1865) il “salvatore delle madri”, famoso per il suo appello a lavarsi le mani, pratica da considerare come un’importante “momento di prevenzione”.

Intorno alla metà dell’Ottocento, quando Semmelweis lavorava nella Clinica Ostetrica dell’Università di Vienna, un flagello dei reparti di maternità era la febbre puerperale, che spesso portava alla morte delle puerpere. Nei due reparti di ostetricia dell’ospedale, uno frequentato dagli studenti di medicina e l’altro semplicemente dalle ostetriche, l’incidenza di questa affezione risultava essere molto diversa: il 10% nel primo e il 3% nell’altro.

Semmelweis, sconvolto dal tragico destino di tante madri e ossessionato dalla diversa frequenza dei decessi, intuì quale fosse la differenza tra i due reparti: i medici e gli studenti visitavano le partorienti dopo avere effettuato le autopsie, alle quali le ostetriche non partecipavano. Sostenne quindi che i medici avrebbero dovuto lavarsi le mani con una soluzione di calce clorata per evitare la contaminazione.

Sulla base di queste osservazioni, Semmelweis, in accordo con la Direzione Sanitaria, iniziò uno studio col quale impose ai medici e agli studenti di lavarsi le mani con ipoclorito di calcio dopo aver eseguito le dissezioni anatomiche e comunque sempre prima di assistere una partoriente.

Dopo il periodo di sperimentazione, durato alcuni mesi, il numero delle morti puerperali diminuì vertiginosamente avvicinandosi alla percentuale rilevabile nel reparto delle ostetriche.

Quando Semmelweis espose ai colleghi i risultati della sperimentazione ottenne una reazione inaspettata. Venne insultato dal mondo accademico e dai colleghi, nonostante l’evidenza statistica, per aver costretto i medici ad una pratica indecorosa, priva di alcun fondamento reale dato che “è ridicolo lavarsi le mani per qualcosa che non si vede” e anche perché le puerpere “venivano chiamate a lasciare questo mondo dal Buon Dio e non per colpa dei medici”.

I medici non vollero lavarsi le mani e cambiare il camice nel passare da un reparto all’altro, incuranti che i decessi tra le puerpere tornassero alti, e Semmelweis venne privato della sua posizione accademica ma non si arrese.

Scrisse molte lettere a colleghi dentro e fuori l’impero senza essere, però, mai compreso. Molti e illustri medici europei gli risposero, con qualche apprezzamento, ma senza che alcuno di loro riuscisse realmente a comprendere la portata dell’intuizione.

Semmelweis cadde in depressione ma ancora non si arrese e scrisse un libro intitolato “L’eziologia della febbre puerperale” che venne pubblicato nel 1858 e che, oltre che riportare i risultati ottenuti all’ospedale di Vienna, divenne un vero e proprio compendio di lotta contro la febbre puerperale.

Nel 1865 fu rinchiuso, contro la sua volontà, in un ospedale psichiatrico e morì di infezione per le ferite riportate dopo essere stato picchiato dalle guardie dell’istituto.
Le idee di Semmelweis furono completamente comprese e accettate dalla comunità scientifica solo dopo la sua morte, quando Louis Pasteur e Robert Koch svilupparono la teoria microbiologica delle malattie contagiose, offrendo un quadro teorico alle sue intuizioni.