23 agosto 2017, un anno dalla scomparsa della professoressa Paola Penzo

E’ trascorso un anno dalla morte della professoressa Paola Penzo, molto amata dai suoi alunni e non solo. Oggi vogliamo ricordarla riproponendo la lettera che le dedicò a pochi giorni dalla scomparsa una sua alunna, Maddalena Rosati, di 17 anni.
Paola
Non si è mai sicuri dell’esistenza del Paradiso, ma coloro talmente buoni da sembrare angeli, alla propria morte, si pensa che vadano lì. Io invece ho conosciuto una donna, che mi ha sempre rimproverato per la mia fede,
“Maddalè ti faranno il lavaggio del cervello“
e ora come ora starà vagando per tutti i gironi dell’inferno con il sorriso sulle labbra, avrà sottomesso anche il diavolo in persona.
Sinceramente spero che sia finita dritta in Paradiso, e che ora mi stia guardando, e che finalmente mi dia ragione, che c’è una speranza per tutti, che Dio esiste e non è per pochi. O forse non esiste assolutamente nulla, o è tutto diverso da ciò che ci si aspetta, lei lo ha scoperto prima di me, e anche da un’altra vita mi sta dimostrando che non posso essere padrona di ciò che accadrà.
Lei che mi rimproverava sempre per i miei errori banali, per il mio costante essere distratta. Che poi, quelle parole, dette dalla stessa che a dicembre non fece altro che raccontarci con fare afflitto, ma MAI sconfitto, di essersi persa quella borsa oscena che tanto le piaceva e di essersi ritrovata la macchina con un miliardo di multe da pagare.
Era strano quando la mia testa dura come il legno, andava contro alla sua così flessibile e libera: libera di dire ciò che pensava, libera di fare ciò che voleva. Lei che andava contro tutto e tutti, con fare spedito su quei tacchi alti su cui camminava un po’ storta, lei che era:
“La più bella della città”
Lei che:
“Maddalé, se te stai a studià, io sono Marilyn Monroe”
Si, prof, lei era e sarà per sempre la più bella, e mille volte meglio di Mariylin, soprattutto con quei mitici leggins rossi, la giacca verde e la matita per gli occhi messa a zigo-zago, come non si può amare una donna del genere?
Lei che faceva casa-scuola in bici o in macchina, e dire che abitava nella strada accanto, giustificata dal fatto che doveva sempre fare la spesa, o che il macellaio le stava con il fiato (o la carne pronta) sul collo, e doveva correre, correre ovunque.
E spesso saltava le prime ore di lezione per il troppo sonno, o semplicemente arrivava in ritardo di mezz’ora o poco più per chiacchierare con le altre prof, per poi farci mettere “a U”, perché
“Quando faccio lezione ci deve stare contatto visivo, ve devo guardà a tutti nelle palle degli occhi”
e poi la solita frase,
“Maddalena, veloce (…) Vammi a prendere un cappuccino, due di zucchero, ecco 50 centesimi, se non ti da il resto mettici anche soldi tuoi e prenditi un cappuccino anche tu”
Adesso mi spieghi, dovunque lei sia, che senso avrà l’ora d’inglese con i banchi normali, con una prof altrettanto folle, solo perché di “normali” non ci sono, ma non quanto lei? Chi mi tirerà l’astuccio in faccia mentre penso a tutto tranne che a seguire? E le urla, senza quella voce che era un imperfetto mix tra stridula e pesante, che effetto avranno?
La prego di dirmi anche cosa sarà la scuola senza il rumore dei suoi tacchi che si propagano per tutte le scale? Chi se non lei verrà in classe cantando la melodia di Tiziano Ferro, “Incanto”, facendocela mettere dal cellulare creando cori che riempiono tutta la succursale? E chi mi scriverà con la penna sul libro, chi mi farà arrabbiare così tanto? Chi durante l’incontro scuola famiglia dirà a mia madre che “ho bisogno d’affetto”, facendomi scappare un sorriso?
Luigi come farà senza di lei? Lui che entrava minimo 8 volte al giorno in classe nella sua ora, facendole firmare mille mila circolari e avvisi, che firmava e scriveva con quella fretta da far stranire gli altri che leggevano quel pastrocchio sul registro, perché non capivano assolutamente nulla, ma a lei non importava nulla, assolutamente nulla.
Cadendo da quella finestra ha fatto cadere un po’ tutti, da parte mia le assicuro che mi è volato un pezzo di cuore, e ora mi dica come sta, la prego, anche se l’ho vista giusto un mesetto fa in macchina, con quegli occhiali da sole anni settanta sopra gli occhiali da vista, e dietro a lei Cesare, quel batuffolo di peli bianchi che le ha migliorato la vita.
Io non mi rassegno, lei a giugno ha salutato la classe così:
“Non vedevo l’ora che arrivasse l’estate, finalmente mi riposo: ci vediamo il prossimo anno!”
Era una promessa, ci rivediamo tra poco, prof.
P.S. Le svelo un segreto: a me l’inglese non è mai piaciuto.
Mi manca.
Maddalena Rosati