RAPPORTO DI CITTADINANZATTIVA SULLA CRISI RIFUGIATI

Immigrati a Rieti

In questi mesi la nostra associazione si è imbattuta in un problema critico della nostra provincia e per far luce sulla questione ha cominciato ad investigare ed approfondire. La questione riguarda i numerosi Rifugiati africani giunti nella nostra regione a causa della crisi Libica. Per prima cosa ci teniamo a sottolineare che le cose non stanno come la popolazione reatina crede di sapere. Ho più volte sentito dire “loro prendono 50 euro al giorno e ai reatini in difficoltà non viene dato nulla”, sembra una grande ingiustizia, ma la realtà è che i ragazzi sono in grande difficoltà e, a differenza di quasi tutti gli italiani, non hanno gli strumenti per difendersi legalmente.

La nostra associazione ha potuto constatare le condizioni di vita di questi ragazzi, ha ascoltato le loro numerose lamentele ed ha visitato la maggior parte delle sedi di “accoglienza”. I rifugiati destinati alla provincia di Rieti (il 6% del totale dei rifugiati destinati alla regione Lazio) sono stati affidati a delle cooperative sparse in tutta la provincia ma principalmente incentrate nella nostra città. Le cooperative per sostenere i progetti di integrazione ricevono ENORMI MOLI DÌ DENARO dallo stato italiano (per altro in gran parte elargiti dalla Comunità Europea)e dovrebbero rispettare dei canoni stabiliti da Convenzioni Europee relativi all’integrazione culturale ma le nostre ricerche hanno verificato numerose carenze ed irregolarità (almeno secondo la nostra logica). Partendo dagli alloggi stracolmi, la mancanza di armadi , tavoli e sedie, apparecchiature elettroniche e spazi vitali, abbiamo constatato che i ragazzi dormono in piccole stanza occupate da 3-4 letti (o materassi gettati n terra), ricevono solo 2,5 euro al giorno per un totale di 75 euro mensili, non conoscono l’italiano e questo gli impedisce di socializzare con i cittadini, non svolgono le attività di formazione lavorativa, se non in casi particolari e hanno ricevuto un totale di 15 euro di ricarica telefonica ALL’ANNO.

 Non siamo riusciti ad ottenere un contratto puntuale e specifico, ma sappiamo che tale contratto deve essere presentato e firmato da ogni rifugiato. L’unico foglio firmato che abbiamo ottenuto è rappresentato da un foglio in bianco, con in alto a sinistra una firma ed un timbro; questo ci sembra strano ed irregolare ma in ogni caso alcuni rifugiati hanno anche dichiarato di non aver mai visto un contratto specifico scritto in inglese, ma solo in italiano, lingua che non conoscono affatto. Le attività lavorative svolte dai ragazzi, in oltre, non sembrano essere remunerate in maniera adeguata: per fare un esempio i ragazzi affidati alla cooperativa Pegasus che svolgono un servizio per L’ASM di Rieti ripulendo le nostre strade non ricevono alcun pagamento, in quanto questa iniziativa sembrerebbe essere un’attività di formazione e non un lavoro vero e proprio !

 La cosa che a noi sembra più grave però è il fatto che molti di loro non hanno ancora un ufficiale status di rifugiati, e attualmente sono richiedenti asilo, dopo uno o due anni di permanenza in Italia. Questa irregolarità causa sbigottimento e ansia nei ragazzi che,in gran parte, vorrebbero fuggire da questo Stato per recarsi in Francia, cosa che legalmente non possono fare. Abbiamo scoperto infatti che la legge in questione non prevede per i rifugiati una libertà di mobilità nella comunità europea, perciò data la situazione nel loro paese d’origine e la loro attuale condizione di richiedenti asilo, essi sono costretti a rimanere in uno stato indefinito e galleggiante. Grazie a questa condizione le cooperative riescono a perpetuare i progetti ad oltranza invece di farli durare 6 mesi o un anno come da legge prevedrebbe.

Stiamo facendo tutto quanto in nostro potere per aiutare i ragazzi, anche semplicemente cercando di conoscerli e organizzando iniziative sportive o ludiche di gruppo, ma veniamo a volte ostacolati dalle amministrazioni delle cooperative che, per motivi economici, sembrano vederci come una minaccia per la loro attività. Teniamo in particolar modo a ripetere ai cittadini italiani che i soldi stanziati per tali progetti non vengono “donati” ai rifugiati, ma che essi ricevono pochissimi soldi da spendere come preferiscono (75 euro al mese) ed il resto viene gestito dalle cooperative per l’alloggio, il cibo, le attività di formazione, l’insegnamento della lingua, la dotazione delle apparecchiature utili e quant’altro. Trattandosi di 42-46 euro AL GIORNO PER OGNI RIFUGIATO, e trattandosi di fondi statali provenienti dalle Nostre tasche, la domanda che ci poniamo, e che riteniamo essere in diritto di porci, è come vengono esattamente utilizzati questi ingenti quantità di denaro. Non accettiamo che questa crisi venga gestita con il metodo ” criminoso all’italiana” che tutti conosciamo ormai tristemente, con tagli alle spese e guadagni per pochi privati ai vertici delle Cooperative. Non stiamo accusando le cooperative reatine di farlo, ma l’esplosione di casi simili in tutta Italia, e le informazioni che abbiamo trovato in questi mesi ci portano a temere questo.

Gli Italiani dovrebbero sapere, per esperienza personale, cosa comporta la cattiva integrazione degli immigrati in un paese, considerato il comportamento scorretto che il popolo emigrante Italiano ha avuto in America, ricordato per Mafia e violenza. Ma sappiamo anche come sia stato impossibile creare lo stesso sistema criminale in paesi meglio organizzati, come la Germania, nella quale gli emigranti italiani ben integrati hanno attività legali e protezioni statali forti. Tempo fa alcuni malavitosi tentarono di attuare un sistema mafioso in Germania, sfruttando gli altri Italiani immigrati, ma questi furono subito catturati e cacciati dal paese, anche grazie alla collaborazione dei minacciati; questo ci da prova ulteriore di come gli apparati statali debbano occuparsi della gestione del proprio paese. Ricordiamo infine come una popolazione migrante sia una risorsa enorme per un paese per i numerosi benefici che possono esserne tratti se l’integrazione viene effettuata nella giusta maniera, con pratiche rigide, rapide e non assistenziali.

Voglio proporre infine un quesito a tutti: cosa faremmo se giunti in un paese che deve accoglierci, dopo momenti difficili della nostra vita, ci trovassimo senza soldi, accalcati insieme ad altri nelle nostre condizioni, senza poter comunicare facilmente con i cittadini che ci circondano e trovando i gran parte sguardi minacciosi ed ostili intorno a noi ? 

 Speriamo che alla luce di quanto detto gli Italiani capiscano che i RIFUGIATI non sono una vera minaccia, non vengono a rubare soldi e lavoro, ma giungono, per altro senza poter scegliere la propria meta, con la speranza di trovare pace dopo aver subito esperienze che in Italia non si possono neanche immaginare, essendo ormai passati  70 anni dall’ultima grande guerra che ci travolse personalmente.