Lazio, consiglio regionale inizia esame legge diritto allo studio

La riforma prevede il riassetto della governance, semplificazione e nuovi servizi per studenti e specializzandi. Approvati 14 articoli su 29.

Il Consiglio regionale del Lazio ha iniziato oggi l’esame della proposta di legge n. 28 “Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno del diritto allo studio e la promozione della conoscenza nella Regione”. Si tratta di una vera e propria riforma del settore, che prevede innanzitutto la sostituzione di Laziodisu con il nuovo Ente regionale per il diritto allo studio e la promozione della conoscenza (Di.S.Co.). Queste le altre novità contenute nel provvedimento: introduzione del concetto di promozione della conoscenza; potenziamento del raccordo tra università, formazione e inserimento lavorativo; ampliamento dei servizi e delle agevolazioni offerte agli studenti, che verranno estese anche alla popolazione “post-lauream”; istituzione della Consulta regionale per il diritto allo studio e alla conoscenza.

La proposta è stata illustrata in Aula dal vicepresidente della Giunta regionale, Massimiliano Smeriglio, assessore alla Formazione, diritto allo studio, università e ricerca, attuazione del programma e dalla relatrice di maggioranza, scelta dalla nona commissione, Valentina Grippo (Pd). Dopo la discussione generale e l’approvazione di 14 articoli su 29, il vicepresidente Devid Porrello del Consiglio regionale ha aggiornato la seduta a domani, giovedì 5 luglio, alle ore 11 per completare l’esame e votare la legge.

Prima di illustrare i contenuti della proposta di legge, il vicepresidente Massimiliano Smeriglio ha ricordato all’Aula che il provvedimento in esame “viene da lontano, frutto di un lungo lavoro nel corso della decima legislatura in cui è stato oggetto di molti approfondimenti e audizioni nell’allora quinta Commissione”. Un lavoro condiviso tra maggioranza e opposizione che – secondo il vicepresidente della Giunta regionale – ha prodotto “una legge ambiziosa che non vuole solo rispettare quanto la normativa nazionale impone in tema di diritto allo studio, ma che ha anche l’intento di ridisegnare la stessa concezione di welfare studentesco. Una legge che riesca a razionalizzare la spesa pubblica non restringendo gli spazi di partecipazione né depotenziando i servizi offerti ma, anzi, innovando ed ampliando sia i destinatari sia le prestazioni erogate”.

Smeriglio ha poi elencato quelli che per lui sono i punti qualificanti del provvedimento. La promozione di un diritto alla conoscenza, “da intendere come strumento di inclusione sociale, diritto di cittadinanza, partecipazione democratica, empowerment della persona”.

L’ampliamento dei destinatari e delle prestazioni, con interventi indirizzati ad arginare la dispersione universitaria; a tutelare le esigenze dei cosiddetti ‘ibridi studentesco-lavorativi’ (dottorandi senza borsa, tirocinio formativo attivo, specializzandi); ad agevolare gli spostamenti dei pendolari tra i Comuni sede degli atenei e quelli limitrofi; a supportare l’inserimento lavorativo, l’informazione e l’orientamento sui percorsi di formazione; a sostenere le attività di socialità e mutuo sostegno promosse e autogestite dagli studenti; a garantire i servizi sanitari per gli studenti fuori sede per poter usufruire di servizi di medicina preventiva, assistenza psicologica e consultori”.

Una governance più snella ed efficace: si passerà da tredici a sei figure nella governance centrale e da 38 a soli tre dirigenti interni, a presidio delle articolazioni territoriali, in quella periferica. Una proposta che, fra gettoni di presenza e altri emolumenti, secondo la Giunta porterà a un risparmio di circa 500mila euro annui.

Anche Valentina Grippo, vicepresidente della nona commissione, ha sottolineato l’importanza del lavoro ereditato dalla precedente legislatura, che ha consentito di approvare il testo in commissione in una settimana, con tre sole sedute, di cui una dedicata alle audizioni dei rappresentanti degli studenti. “Fra le altre cose – ha detto Grippo – questa legge cerca di superare le sperequazioni, le differenze che non sono solo di reddito, ma sono anche di situazione familiare, sono anche di provenienza geografica. Su questo, pur mantenendo il principio costituzionale del merito, la legge cerca veramente di garantire parità di accesso a tutti al percorso che vogliono affrontare”.

La discussione generale è stata aperta dall’intervento di Eleonora Mattia (Pd), presidente della nona commissione Lavoro, formazione, politiche giovanili, pari opportunità, istruzione, diritto allo studio. “Questa sul diritto allo studio – ha detto Mattia – è una legge che gli studenti del Lazio aspettano da tantissimo tempo e noi abbiamo il dovere di portarla a compimento consapevoli che il diritto allo studio è un ascensore sociale per i ragazzi. Anzi, oggi è l’unico ascensore sociale che ci è rimasto, perché la scuola è ancora oggi lo strumento del welfare più potente che abbiamo per rimescolare una società immobile in cui, chi nasce povero, povero rimane”.

Favorevoli al provvedimento si sono dichiarate Gaia Pernarella (M5s) e Marta Bonafoni (Lista civica Zingaretti), che hanno partecipato attivamente alla stesura del testo nella scorsa legislatura. “Personalmente, è la prima volta che vedo in un provvedimento accolti tutti gli emendamenti e le proposte provenienti dal gruppo a cui appartengo”, ha dichiarato Pernarella. “Sono certa che questo confronto abbia arricchito la legge di temi che a noi stanno a cuore politicamente – ha aggiunto – e abbiamo lavorato molto, anche visitando le residenze, incontrando gli studenti, cercando di capire in prima persona quali fossero effettivamente i servizi di cui hanno bisogno”. Per Marta Bonafoni “la legge affronta un passaggio fondamentale, cioè detta una visione di sistema laddove, invece, fino a oggi, la legge sul diritto allo studio aveva tappato i buchi, rincorso le emergenze, fatto molto spesso male. È una legge innanzitutto strumento di inclusione e cittadinanza, perché la cittadinanza, per essere esercitata a pieno, ha bisogno di essere consapevole, di conoscere”.

Il consigliere Giuseppe Cangemi (gruppo misto) ha auspicato modifiche a sostegno del diritto allo studio per le persone in stato di detenzione, perché “sarebbe un grande segnale di civiltà, di attenzione, di rispetto, di educazione, ma soprattutto proprio di amministratori attenti a non lasciare nessuno indietro”. D’accordo Marietta Tidei (Pd), che ha giudicato la proposta di Cangemi “un punto assolutamente qualificante di questo provvedimento, già comunque motivo d’orgoglio per quest’Aula”.

Massimiliano Maselli (Nci), nel corso del suo intervento, ha criticato l’esiguità delle risorse finanziarie previste per questa legge: “Rispetto a tutti gli oneri previsti dalla proposta, parliamo di 30 milioni di euro, abbiamo 11 milioni di entrate. Una cifra totalmente insufficiente se vogliamo garantire un diritto allo studio serio e degno di questa città e degno di questa Regione”. Per Antonello Aurigemma (FI) si tratta di “una proposta di legge che aspettavamo da tempo. Abbiamo presentato degli emendamenti, che siamo convinti possano migliorare lo scopo e l’obiettivo di fare una riforma sul diritto allo studio che possa consentire non solo di formare i nostri giovani studenti, ma anche di dare loro l’opportunità e la possibilità di trovare un’occupazione una volta finito il loro percorso di studio”.

Critiche ad alcuni punti della legge sono arrivate da Pasquale Ciacciarelli (FI), che ha lamentato una scarsa tutela dei territori più periferici sia in termini di governance che di rappresentanza, e da Stefano Parisi (Lazio 2018), che ha fatto notare lo scarso coinvolgimento dei privati. Per Giancarlo Righini (FdI) si tratta “nel complesso, di un provvedimento importante e significativo, con riferimento alla rivisitazione della governance, che trova finalmente una definitiva risposta nella partecipazione degli studenti”. Su questo punto però Righini ha espresso “perplessità forti in ordine al suffragio universale per l’organo di rappresentanza, che ovviamente, come nelle università, sarebbe il caso che fosse di secondo livello”.

Orlando Angelo Tripodi (Lega), infine, ha sottolineato che nel testo “manca attenzione verso alcune situazioni particolari, soprattutto in merito ad alcune disabilità, alla formazione sportiva di livello, alla rappresentanza degli studenti di tutte le università”.