Ha una pensione di 290 euro al mese, ma l'Ater la sfratta

Questa è la storia della signora M.T. di 66 anni, ogni mese percepisce una pensione di sole 290 euro, ma l’Ater ha deciso di sfrattarla ugualmente. La sua preoccupazione ora è grande perchè con la misera pensione che percepisce non potrebbe permettersi nessuna casa. La signora non sa darsi ragione.
Dopo diversi rinvii l’Ater ha deciso l’uso della Forza Pubblica per “buttarla fuori” dalla casa popolare dove ha abitato per 18 anni, assistendo giorno e notte la madre, malata di Parkinson ed invalida grave, poi deceduta nel 2013.
Lei stessa è malata (frattura del femore, poliartrosi di grado severo, ansia e depressione), ed in queste condizioni, separata dall’ex marito, non saprebbe come cavarsela. Però la burocrazia statale non ha pietà, oggi sarà sfrattata “senza se” e “senza ma”.
Eppure nei regolamenti ATER esistono norme a tutela dei “familiari coabitanti per necessità”: 2 anni di convivenza prima dell’assegnazione dell’alloggio popolare e 3 anni dopo, ma per la signora M., perfettamente in regola con queste norme, non sono valse. Pur avendo l’ATER regolarmente censito nel corso degli anni la signora nella coabitazione necessaria per la madre invalida, si sono dimenticati di informarla sul suo diritto al subentro. Anzi, nel 2011, con una lettera dal tono minaccioso, le fu intimato di lasciare l’alloggio e trasferire altrove la residenza, pena la perdita del diritto all’alloggio per la madre!
La signora M., presa dal panico e preoccupata per il destino della madre malata, trasferì la sua residenza, ma non potendo fare altrimenti rimase nella casa per poter continuare ad  assisterla. Nel frattempo lei stessa subì una rovinosa caduta con frattura del femore e la madre fu trasferita presso una sorella. Ritornata a casa morì poi nel 2013.
Subito la zelante Ater passò “dalle lettere ai fatti” e avviò il provvedimento di sfratto “in autotulela” (senza decisione del Giudice, ma per autonoma decisione dell’Amministrazione Ater) e nonostante appelli ed esposti alla Magistratura civile e penale, che li lasciò cadere, da parte dell’avvocato del S.U.N.I.A.  proseguirono le intimazioni a lasciare l’alloggio con l’Ufficiale Giudiziario, sino ad oggi, con sfratto che verrà agito con la Forza Pubblica.
Cittadinanzattiva è intervenuta un mese fa, facendo subito appello, sia al Commissario Straordinario dell’Ater Eliseo Maggi che alla Prefettura e ai Servizi Sociali del Comune di Rieti
L’incredibile è che, nonostante una relazione dei Servizi Sociali che riconosce lo stato di grave difficoltà della signora M., le procedure di sfratto non si sono affatto interrotte, non lasciando alternative se non la promessa di un intervento di sostegno economico pari a 1.500 euro l’anno, che non coprirebbe neppure il pagamento delle sole bollette.
Il fenomeno degli sfratti dalle case popolari non è nuovo ed è assurdo che ad essere colpiti siano quasi sempre persone povere ed inermi.
Riteniamo,  a questo punto, che sui diritti elementari dei cittadini fragili troppe cose non tornano. Le Istituzioni statali, anziché proteggere i cittadini bisognosi, si accaniscono spesso contro i più inermi, frapponendo pretesti burocratici all’effettivo bisogno e consumando i soldi pubblici per agire con forme pretestuose ed aggressive contro chi non è in grado di difendersi.
L’incredibile è che giace da alcuni anni un’indagine della Guardia di Finanza reatina sui ricchi nelle case popolari, con redditi annui oltre i centomila euro l’anno, ma nessuno osa procedere.
Per altro chiedemmo come Cittadinanzattiva, con note dirette sia alla Regione Lazio, che al Comune di Rieti e all’Ater, di stipulare un protocollo di intesa sugli sfratti, in modo da condurre opportune indagini sociali preventive sui casi di sfratto, per stabilire l’effettivo stato di indigenza dei potenziali sfrattati per qualsiasi ragione, evitando quelli per i quali si sarebbero dovuti occupare, comunque, le Istituzioni sociali. La richiesta però è evidentemente caduta nel vuoto. Ignorata la “logica umana”.
Noi ci opporremo con tutte le nostre povere forze a questo assurdo ed ingiusto sfratto da una casa popolare e facciamo appello alle Istituzioni per riconsiderare il caso della signora M., che per 20 anni ha assistito con amore la povera madre dedicandole la vita.
Per lei oggi noi chiediamo che venga rispettata nella sua dignità e nei suoi diritti di essere umano, in una società paradossalmente disposta, per obbligo di legge,  a prendersi cura di un semplice cane abbandonato, a 6 euro al giorno, ma non si fa scrupolo di abbandonare al loro destino persone che questo Stato ha contribuito a costruire e finanziare con il proprio lavoro.
CITTADINANZATTIVA