COMITATO SABINO: UN'AREA ARCHEOLOGICA PER IL POLO LOGISTICO

Rieti, borse di studio in ricordo di Gildo Balestrieri, presidente di Legambiente Rieti

Un doveroso commento al documento siglato al termine della riunione tenutasi lo scorso 12 gennaio presso la sede del Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Rieti sul Polo della Logistica di Passo Corese.

Citiamo dal comunicato, così come ci è pervenuto: “le indagini archeologiche, contrariamente a quanto indicato nel parere rilasciato in Conferenza dei Servizi dalla stessa Soprintendenza (dove si prevedeva una fase di approfondimento in solo 8 zone incluse nell’intero ambito di sviluppo) sono ora eseguite a “tappeto” sull’intero territorio e ciò ha comportato un lungo ritardo per poter dare concreto avvio ai lavori, e comporta un rilevantissimo incremento dei costi e soprattutto l’incapacità di determinare con certezza la data di consegna dei lotti urbanizzati agli imprenditori assegnatari”, “ogni ulteriore ritardo rischia di vanificare ulteriormente gli sforzi fin qui sostenuti e che, laddove le indagini archeologiche dovessero comportare ulteriori slittamenti non pianificabili, potrebbero sorgere difficoltà anche per gli operatori che ad oggi hanno comunque mantenuto in essere il loro impegno alla realizzazione dei previsti stabilimenti, tenuto conto che il fattore tempo per tali società non è una variabile indipendente per la concretizzazione dell’iniziativa utile allo sviluppo ed alla occupazione.”
“I partecipanti all’incontro chiedono pertanto alle forze politiche, alle Istituzioni ed ai rappresentanti istituzionali territoriali di assumersi sino in fondo le responsabilità  che gli competono per evitare, pur nella correttezza degli adempimenti, che si possano determinare le condizioni per ulteriori “fughe” di imprese e di investimento dal territorio”

Commento:

come mostrano le fotografie, scattate in data 21-01-2010 (cioè dieci giorni dopo la riunione del Consorzio), e come qualunque cittadino può verificare di persona, le indagini archeologiche  non sono assolutamente eseguite “a tappeto”. La zona delle indagini archeologiche riguarda in questo momento ancora e soltanto circa un terzo della superficie del terreno in questione, a sud (ne manca quindi ben più della metà) e non quindi la totalità dell’area.
E’ ragionevole e prudente pensare, facendo semplicemente le proporzioni con il lavoro fatto fin’ora, che ci vorranno parecchi mesi se non di più anche e soltanto per uno scotico superficiale e per le prime indagini. (Basta pensare soltanto alla ricerca e alla delimitazione dei preziosi acquedotti sotterranei, di cui parla la Prof. Muzzioli nel suo libro “Cures Sabini”, (pag. 43 ) rinvenuti nell’area. L’area è vastissima.

Molte delle indagini parziali sono state eseguite fin’ora soltanto con lo scotico superficiale, mentre, anche lo studio di impatto ambientale realizzato sull’area dal consorzio stesso (!) (Tavola 13, aspetti archeologici), indica giustamente la necessità di procedere in varie fasi, e con strumenti ben più sofisticati dello scotico superficiale: dalle mappe di predittività al lavoro di ricognizione integrale, utilizzando un sistema di georeferziazione, realizzando modelli tridimensionali, gestendo i dati su una piattaforma GIS in ampliamento progressivo, utilizzando il georadar. (Dagli impegni che sono stati presi nello studio di impatto ambientale sembra che un area di circa 200 ettari non si può che indagare in anni di studio ed è chiaro a chiunque che non è quantificabile il tempo in anticipo).

Le responsabilità: Si ha l’impressione che si cerca di dare le responsabilità dei ritardi o della vanificazione degli sforzi costruttivi, alternativamente, a due soggetti: le organizzazioni che difendono l’ambiente e la soprintendenza archeologica.
Noi pensiamo che, sia le organizzazioni che difendono l’ambiente che la soprintendenza si assumono quotidianamente le loro responsabilità: le prime cercano in tutti i modi di trattare un territorio prezioso come quello Sabino con la cura che merita, nell’interesse di tutti, dai più giovani ai più anziani, mentre la Soprintendenza lavora tutti i giorni, con pochissimi mezzi ed un territorio enorme, nel modo migliore e con i tempi lenti, che tutti conoscono, degli archeologi, per salvaguardare un territorio prezioso come quello Sabino, ancora una volta nell’interesse di tutti. (repetita iuvant). Ricordiamo che la Soprintendenza è lo Stato.

Ci dispiace doverlo sottolineare, e lo facciamo deliberatamente senza alcun commento, ma purtroppo le responsabilità di tutta questa operazione vanno cercate in chi ha scelto un’area archeologica come contenitore del Polo della Logistica, ben sapendo che le due principali indagini archeologiche realizzate sull’area del Polo sono del 1980 (Prof. Maria Pia Muzzioli) e del 2000 (British School of Rome), quindi ben antecedenti o contemporanee alla scelta dell’area.
C’è stato tutto il tempo per non sprecare risorse  pubbliche  e private e non far nascere sogni. Non ipotizziamo neanche per scherzo che chi ha intenzione di investire milioni di euro in un area non sia informato sulle sue caratteristiche peculiari.
Ricordiamo che le due campagne archeologiche hanno rinvenuto nella sola area del Polo e nelle immediate vicinanze rispettivamente 36 (trentasei) e 84 (ottantaquattro) siti archeologici, distribuiti in 10 (dieci) periodi storici (Di Giuseppe, Sansoni, Williams e Witcher, “Sabinensis ager revisited” Papers of the British school of Rome, Volume LXX, 2002). Ricordiamo che il PTPR della Regione Lazio ha indicato con chiarezza nella tavola B20 le presenza archeologiche dell’area, da salvaguardare con una fascia di rispetto di 100 metri, ed ha indicato nella Tavola C20 l’area come parte di un’area vocata a Parco Archeologico e Culturale.

Ci spiace doverlo sottolineare, ma quando si sceglie un’area archeologica per costruirvi sopra non si può dire “che il fattore tempo per tali società non è una variabile indipendente”: tutti sanno che un “area archeologica” (tra l’altro vastissimo) porta proprio nella sua definizione, nel suo stesso nome, il concetto di tempi di indagine incerti. L’incertezza dei tempi va quindi ancora una volta attribuita a chi ha scelto quest’area.

Ci spiace doverlo sottolineare, ma il rilevantissimo incremento dei costi va considerato una di quelle variabili che chi ha scelto un area archeologica doveva prendere saggiamente in considerazione prima, e non scoprire poi. Di chi è quindi la responsabilità?

Non crediamo che spetti alle organizzazioni ambientaliste soltanto difendere e non proporre, ed in varie occasioni abbiamo invitato i responsabili del progetto e le istituzioni a realizzare insieme una grande conferenza sullo sviluppo della Sabina, e abbiamo sempre avuto
dinieghi. Sempre.
Rinnoviamo l‘invito, dando per vero che tutti abbiamo a cuore sia lo sviluppo dell’occupazione che la salvaguardia di un territorio pieno di storia, magnifico dal punto di vista ambientale.