Antiche mura poligonali tra Fara e Poggio Mirteto

In località Grotte di Torri, presso il fiume Farfa (nel comune di Fara), è ben conservata ancora oggi una struttura in opera poligonale, di incerta interpretazione. Si tratta di un recinto di mura poligonali in III maniera che delimitano un’area grossomodo quadrata di circa 90 metri di lato.

Se ne conserva oggi l’intera fronte ovest, per una lunghezza di circa 50 metri, con filari regolari e tendenti all’orizzontalità. I blocchi sono tagliati accuratamente ed i giunti perfettamente combacianti (foto). Oggi queste mura sono inglobate in un casale ottocentesco, al di sotto del quale sono presenti delle grotte (non più accessibili), che hanno dato origine al toponimo.

Questa struttura è stata interpretata in vari modi, sia come villa romana che addirittura come “cittadella”. Più probabilmente si tratta invece di un santuario. La tipologia ricalca quella di un’area sacra delimitata e chiusa da un grande muro di cinta (temenos), come talvolta si ritrova nei santuari italici. La cella cultuale era collocata probabilmente all’interno del recinto sacro, sui cui resti venne edificata in seguito la chiesa altomedievale di S. Lorenzo (ancora visibile nel Settecento ed oggi scomparsa), che dovette soppiantare l’antico culto pagano. L’intera struttura si colloca cronologicamente tra la metà e la fine del II secolo a.C., nel periodo dei grandi santuari repubblicani del Lazio.

Al di sotto del muraglione in opera poligonale corre un criptoportico con copertura a volta, rivestito da una muratura romana in opera incerta del I secolo a.C., in perfetto stato di conservazione. Questo criptoportico, sottostante al santuario, andrebbe messo in relazione ad un rituale religioso e forse ad un oracolo.

Nel territorio comunale di Poggio Mirteto, in località Poggio Mirteto scalo, si trova il Colle del Castellaccio. Il toponimo deriva da un castrum medievale, ancora oggi in parte conservato. Qui sono presenti due terrazzamenti degradanti, disposti lungo il declivio del colle. Il terrazzamento superiore è in opera reticolata di età augustea. Il terrazzamento inferiore invece è realizzato in opera poligonale di II e III maniera, con giunti approssimativi e l’inserimento di molte zeppe. Queste murature, databili alla seconda metà del II secolo a.C., sono state messe in relazione ad una villa romana, di cui se ne ignora in realtà la planimetria.

Anche qui sono presenti delle grotte. Questi due terrazzamenti hanno la fronte rivolta verso il Tevere e la loro estrema vicinanza al fiume lascia supporre che fossero connessi in qualche modo ad un porto fluviale. Non è escluso tuttavia che servissero per un altro santuario, anche in questo caso costituito da terrazze degradanti, come spesso si ritrova nei grandi santuari repubblicani del Lazio.

Christian Mauri