LA RUBRICA DI ANGELITA – Non riconosciamo che le donne oltre ad essere mogli e compagne sono anche professioniste in carriera

In questo sabato 3 luglio 2021 nuovo appuntamento su Rietinvetrina con “La rubrica di Angelita”, curata dall’omonimo Centro Antiviolenza Angelita di Rieti.

All’uomo per stare al mondo basta un perché ad una donna serve anche un per chi. Siamo nell’era della tecnologia, dell’avanguardia, possiamo viaggiare nello spazio eppure ancora non riusciamo a dare alle donne ciò che meritano.

Non riusciamo a riconoscere e forse ad accettare che le donne, oltre a poter essere brave mogli e compagne siano anche delle brave lavoratrici, professioniste in carriera. Le donne non devono dire soltanto chi sono ma anche per chi sono; una donna può anche fare l’astronauta, ma ad un certo punto sarà rilevante sapere se è mamma o no, una domanda che nessuno mai farebbe ad un astronauta uomo (“sei papà o no?”) oppure, se anche glielo si chiedesse, possiamo dire con certezza che non finirebbe sul titolo di un giornale, mentre “astromamma” lo abbiamo dovuto leggere.

Quando capitano episodi del genere si è chiaramente di fronte ad un atteggiamento di depotenziamento della donna, che si può attuare in varie maniere: una è quella di chiamarti signorina anziché dottoressa, professoressa, avvocatessa, architetta o astronauta; l’altra è quella di chiamarti per nome e non per cognome e, togliere il cognome, è come togliere il passepartout sociale perché è attraverso esso che ci riconosciamo legalmente. Un altro modo tramite cui si realizza il depotenziamento consiste nel togliere alla donna anche il cognome e, quindi, ci ritroviamo a leggere titoli di giornali, quali “una donna alla sapienza”.

Questa società ancora fortemente androcratica deve accettare che la donna non è più l’angelo del focolare dantesco, non è più solo moglie e madre ma è parte attiva del mondo del lavoro al pari dell’uomo. Le donne non devono accontentare le aspettative di una società che le vuole prima di tutto madri e poi, forse, lavoratrici.

Non si può e non si deve pretendere che le donne facciano necessariamente figli e non ci si può arrogare il diritto di pensare o dire che la più grande realizzazione di una donna sia quella di mettere al mondo un figlio, perché per quanto meraviglioso sia donare la vita, ogni donna ha il diritto di scegliere per sé stessa, di creare la propria identità all’interno della comunità, solo lei e nessun altro sa quale è la condizione migliore per sentirsi realizzata. I consigli, se così vogliamo chiamarli, non sono richiesti. Siamo in grado di scegliere per noi, non vogliamo consigli non richiesti, non dobbiamo accontentare i desideri di questa società ma dobbiamo realizzare noi stesse come più ci piace. È ora che le donne vedano riconosciuto loro tutto ciò che meritano.

Il Centro Antiviolenza Angelita, di cui faccio orgogliosamente parte, si impegna e lavora costantemente anche al fine di sensibilizzare quanto più possibile anche su questi temi così importanti e attuali, organizzando incontri formativi incentrati su varie tematiche, quali legge codice rosso, mobbing ed altri e, non cederà mai il passo al pregiudizio sociale. Ricordo che il centro è attivo h 24 e risponde al numero 377 6979546. Si riceve previo appuntamento.

Federica Festuccia membro CAV Angelita (nella foto).