Siamo l’ASSO.FA.C.RI (Associazione Farmacisti Collaboratori Rieti), una piccola associazione di provincia.
I farmacisti collaboratori sono laureati in Farmacia che, non avendo la possibilità o il desiderio di possedere una farmacia propria, per poco più di mille euro al mese ( netti) si occupano quotidianamente di garantire la salute di milioni di pazienti, dispensando farmaci, consigli, a volte anche solo la propria solidarietà umana e professionale in migliaia di farmacie, piccole e grandi, nelle grandi città come nel più piccolo paese.
Noi non siamo d’accordo con l’Articolo 32 del decreto "Salva Italia" per diversi motivi, tutti legati alla nostra esperienza e alla sensibilità che solo il contatto quotidiano con la gente comune può dare. Il farmaco non può e non deve essere considerato una merce vendibile ovunque, anche se alla presenza di un farmacista, e non può seguire le mere regole del commercio e del profitto, perché questo metterebbe a rischio la salute del paziente.
Riteniamo inoltre che la riforma prevista dall’articolo 32 non creerebbe realmente nuovi sbocchi di lavoro per i farmacisti collaboratori, ma piuttosto provocherebbe il passaggio da un posto di lavoro ad un altro, ossia da una farmacia ad un corner o ad una parafarmacia, tra l’altro con il timore di non vedere sufficientemente riconosciute le competenze acquisite con i nostri studi e la nostra esperienza.
Con i nostri stipendi (paga base € 1730,00 lordi), in questo momento di crisi, ci sembra difficile credere che ci venga concesso un mutuo per investire nell’apertura di un esercizio di vicinato. E’ molto più verosimile che si rimanga sempre e comunque dipendenti, senza possibilità di carriera o di miglioramento nel breve o nel lungo termine.
Le spieghiamo come, dal nostro punto di vista, si potrebbe migliorare la situazione dei farmacisti collaboratori e aiutare la farmacia italiana a svolgere ancor meglio la sua funzione primaria di presidio sanitario: le regioni si impegnino in tempi brevi a sbloccare i concorsi per l’apertura di nuove sedi farmaceutiche, (senza necessariamente abbassare il quorum) e a snellire le procedure concorsuali con tempi rapidi di assegnazione delle sedi stesse, ottenendo in questo modo una maggiore capillarità delle farmacie sul territorio.
Inoltre il passaggio del contratto del farmacista collaboratore dal comparto del commercio a quello della sanità sarebbe un giusto riconoscimento del nostro ruolo e darebbe alla categoria una possibilità di carriera; siamo forse gli unici laureati che iniziano a lavorare, senza esperienza, e vanno in pensione (anche se noi forse non ci andremo mai viste le ultime riforme) dopo 35 anni di lavoro (oggi almeno 40) inquadrati nello stesso livello. Allo stesso tempo va considerato un inquadramento per i colleghi che lavorano nei corner o negli esercizi di vicinato, (ad oggi ancora non esiste un contratto specifico!).
Ci permettiamo di esprimere le nostre riserve anche riguardo l’emendamento all’articolo 32.
Esistono organi deputati al monitoraggio dei farmaci e alla revisione dei foglietti illustrativi e lo dimostra il fatto che in questi anni abbiamo visto diverse molecole essere spostate dalla classe A a quella C, dalla dispensazione con ricetta ripetibile a quella senza obbligo di ricetta o con ricetta non ripetibile, sempre dopo attente valutazioni e nell’interesse della salute del paziente, certo non per mere logiche di mercato.
Affrettare questo processo per non scontentare questa o quella delle parti in causa non è forse la soluzione migliore. La cura della salute non può essere condizionata dagli interessi economici della grande distribuzione, ma deve sempre avere al centro l’interesse del cittadino, che non é un consumatore ma una persona con il diritto di veder garantita la propria salute.

