CALABRESE UDC: LA CAPITALE E' IL "TRAIT D'UNION", NON SI PUO' PENSARE AD UNA REGIONE SENZA ROMA

Giosuè Calabrese

Ho avuto modo in questi giorni di apprezzare che varie testate hanno ospitato un interessante dibattito sul riordino degli assetti istituzionali nella nostra Regione che, inevitabilmente, incide sul ruolo che la Provincia di Rieti deve avere.

Lo spunto veniva da una presa di posizione di portata congiunturale legata alla mancata concessione di un assessorato regionale alla Provincia di Frosinone che ha spinto il presidente dell’Ente ciociaro a lanciare “uno strappo del Sud” .

Credo che la questione, depurata degli aspetti legati alla rivendicazione di cui sopra che pure hanno un senso se la vittoria della Polverini è prevalentemente una vittoria delle province, conservi una sua validità strutturale che deve trovare un’approfondito momento di dibattito indipendentemente dalle emergenze elettorali.

Lo strapotere romano, che va letto in termini di “dittatura involontaria” e come tale ancora più pericolosa, deve portare senza ulteriori indugi all’apertura di un tavolo interistituzionale   che sia in grado di ridefinire la missione strategica della regione Lazio, nel cui ambito si colloca la Capitale del Paese, con un rapporto equilibrato tra le sue componenti, onde evitare che l’indebolimento delle singole province più che far emergere una Roma più forte trasformi le stesse in irreversibili zavorre per il “sistema Lazio”  con un paradossale progressivo isolamento della “capitale “ che subirebbe una singolare “sindrome da Conte Ugolino”.

Roma è una straordinaria risorsa di arte e storia che induce grandi flussi turistici  ma non ha la possibilità della crescita illimitata dal punto di vista urbanistico e logistico senza un “dialogo” strategico con i “confinanti”. Dobbiamo forse cominciare a riflettere sul fatto che le scelte in ordine allo sviluppo di Roma, per le sue peculiarità , non possono essere soltanto un problema degli amministratori capitolini , bensì tema di attenzione del governo nazionale?

Parimenti occorre sottolineare che il problema di Roma non può essere risolto in un rapporto diretto con il governo che lasci fuori dal dibattito la Regione e le Province laziali.

Un primo passo, già tardivo, deve andare verso la concreta attivazione del tavolo dell’area metropolitana che non deve servire a redistribuire pezzi di territorio e relative popolazioni per realizzare frettolose compensazioni quantitative, ma deve studiare i flussi economici e sociali per assecondare tendenze naturali e intervenire laddove le stesse creino pesanti squilibri a carico del bilancio pubblico.

Ad esempio, quanto spetta idealmente al Reatino del P.i.l. prodotto  dalle varie tipologie di  pendolari che giornalmente raggiungono la Capitale e    producono reddito che resta in dote permanente a quel territorio? Ed inoltre chi indennizza il Reatino per i costi derivanti da un inefficiente sistema di trasporti e di infrastrutture che determina  ulteriori  “sacrifici”  sulla qualità della vita  per i lunghi tempi “morti” del trasferimenti verso Roma? In termini di riduzione dei costi economici e sociali della comunità regionale ciò dovrebbe indurre scelte di riallocazione delle sedi dei servizi pubblici.

Altro esempio, quanto costa al Reatino “sopportare” una serie di vincoli tipici delle area a forte valenza ambientale che servono alle grandi metropoli  come polmoni “in prestito” ma che di fatto impediscono uno sviluppo autonomo (risorse idriche del Peschiera e tutela del bacino sensibile, valorizzazione del Terminillo, ecc.)

Pur comprendendo “la rabbia” degli amministratori del sud Lazio, ritengo che la soluzione non possa  comunque essere quella di una regione senza Roma,  se non altro per la conformazione della nostra Regione nella quale la Capitale rappresenta il “ trait d’union “ senza il quale, ad esempio, Rieti e Latina non potrebbero “dialogare “, e quindi verrebbe meno l’essenza stessa della “lazialita’” con la conseguenza che le singole province laziali, tolta Roma,  sarebbero naturalmente attratte da altre Regioni, Umbria, Toscana , Campania, Abruzzo.

L’auspicio che viene dalla minacciata “Pontida del Sud”  è che l’avvio della nuova consiliatura regionale  possa “fissare “ finalmente l’avvio di una “clearing- house” istituzionale in grado di negoziare con le singole realtà provinciali funzioni strategiche a valenza biunivoca con Roma , il cui ruolo va ridefinito tenendo conto della sua unicità ma che sia vissuto in termini di “servizio” per favorire la crescita del “sistema Lazio”