In Italia si parla tanto di Internet e agenda digitale ma con il ddl sulla diffamazione a mezzo stampa, passato alla Commissione Senato, i politici dimostrano di saperne poco la politica si riempie la bocca di digitale, ma dimostra di saperne ben poco
La libera informazione è a rischio e la vita democratica del paese con essa. L’intenzione è giusta, ma il pericolo – o minaccia che dir si voglia – è nei cavilli del testo legislativo perché si cade ancora una volta negli errori del passato, a scapito dell’informazione, in particolare degli editori online.
Accade di nuovo e stavolta con il disegno di legge che andrebbe a modificare quella in vigore sulla diffamazione a mezzo stampa (la cosiddetta legge “Salva Sallusti”), modificando le norme per eliminare le pene detentive e lasciando solo quelle di natura pecuniaria, come già accade in molti altri paesi.
Carta e internet: uguali nei doveri ma non nei diritti. Primo errore ricorrente di valutazione.
Se con il ddl vengono esclusi blog, social network e siti non registrati in tribunale, vengono invece penalizzate quelle testate giornalistiche online che scelgono di seguire un iter burocratico, identificano anche un direttore responsabile e svolgono un lavoro professionale. A questo punto, la logica coseguenza potrebbe essere una levata di scudi e probabilmente cancellazioni dal registro dei tribunali italiani di molte testate online. Secondo errore.
Il ddl proposto prevede l’apllicazione di una pena pecuniaria in base alla diffusione della testata giornalistica che commette un illecito: ma mentre per la carta esistono i vecchi parametri – anche quelli ormai discutibili – per capire la tiratura e la diffusione di un giornale, quali sono i criteri per l’online?
Se viene proposta una legge che tratta dell’online con emendamenti annessi, non è possibile non definire i criteri per applicare una sanzione in denaro che potrebbe mettere in ginocchio e far chiudere imprese editoriali medio-piccole. Terzo errore.
I grandi editori e le testate mainstream potrebbero forse sostenere il costo di ripetute sanzioni: i piccoli editori, invece, potrebbero chiudere i battenti alla prima condanna. E si perderebbe ogni volta una fonte di informazione in più che arricchisce il pluralismo dell’informazione informativo. Si perderebbero posti di lavoro. Quarto errore di valutazione.
“La lista continuerebbe – denuncia ANSO – prendendo in esame gli emendamenti del disegno di legge. Ci fermiamo qui. Internet è il futuro per l’Italia. Siamo sempre due passi indietro e la poca preparazione della politica sul tema danneggia gravemente il nostro paese”.