“Sempre più spesso ho a che fare con articoli e voci che descrivono la mia scuola come un luogo ‘sensibile’, una realtà problematica, quasi borderline con la delinquenza. E mi chiedo: ma davvero? Davvero stanno parlando del posto dove ogni mattina entro con il sorriso, dove conosco ogni volto nei corridoi e dove i professori si interessano sinceramente a chi sono e a cosa posso diventare? Perché io, in questa scuola, ci vivo. E quello che vedo è ben altro: vedo insegnanti che non si limitano a spiegare, ma che ci aiutano a crescere, a scoprirci, a rialzarci quando cadiamo. Docenti che sanno valorizzare lo studente, che ti trattano come persona e non come numero di matricola. Che credono in te, anche quando tu stai per smettere di crederci.
Siamo una famiglia. E questa non è una frase fatta. Lo si capisce ogni giorno nei gesti, nelle parole, nel modo in cui affrontiamo insieme ogni difficoltà. E lo si vede chiaramente durante gli open day, quando con entusiasmo raccontiamo chi siamo a chi ancora non ci conosce. Non vendiamo un’immagine: raccontiamo una realtà, la nostra. E sì, accanto a tutto questo ci sono anche le opportunità concrete: corsi extracurricolari innovativi, come giornalismo sportivo, beatmaking, modellamento 3D, videomaking, landscape photography e altri che uniscono scienza, arte e pensiero critico. Corsi che ci permettono di esplorare le nostre passioni e di formare competenze vere. E non finisce qui: alcuni di noi hanno avuto l’opportunità di partecipare a viaggi all’estero grazie al PCTO, esperienze che ci hanno aperto la mente e ci hanno fatto sentire cittadini del mondo. Certo, non siamo perfetti. Nessuno lo è. Ma etichettarci come ‘una tra le scuole superiori più sensibili e monitorate dell’intero territorio della provincia di Rieti’ è un’offesa non solo al nostro impegno, ma anche alla verità. Perché non basta un episodio a definire una comunità. Se siamo davvero sotto osservazione, che ci guardino bene: troveranno ragazzi che sbagliano, sì, ma anche ragazzi che crescono, imparano e resistono agli stereotipi”.
Così nella lettera lo studente dell’Istituto Aldo Moro di Passo Corese