Striscione contro l’A.N.P.I., Area Rieti chiarisce

Crediamo che sullo striscione da noi affisso contro l’ANPI vada fatta chiarezza, soprattutto dopo aver ascoltato alcune dichiarazioni anche di esponenti del centrodestra reatino.

Il nostro disgusto non nasce dalle dichiarazioni di alcune sezioni del nord est dell’associazione partigiani, come erroneamente affermato da alcuni assessori, ma dalle posizioni espresse dall’ANPI nazionale, di cui quella reatina è un’emanazione, nel corso di un convegno tenutosi al Senato il 4 febbraio 2020, convegno che ha provocato la reazione violenta dei leader del cdx, a partire da Giorgia Meloni, e che ha spinto il senatore Gasparri (non certo un pericoloso estremista ) a chiedere lo scioglimento dell’ANPI stessa.

In quella occasione, insieme a rappresentati dei partigiani titini (ben visibili in prima fila), si è voluto affermare che il numero dei massacrati nelle foibe carsiche è stato di poche centinaia di persone, e non di decine migliaia di vittime,come oramai accertato dalla storiografia ufficiale; e comunque che tale massacro va inquadrato e giustificato nel quadro più ampio del tentativo di italianizzazione delle terre di confine compiuto dai fascisti.

Ora ci chiediamo, e lo chiederemo anche al magistrato grazie alla denuncia dell’ex poliziotto Cosimo Bianchini che ringraziamo per l’opportunità, cosa sarebbe accaduto se Area Rieti, piccola comunità locale e non grande associazione nazionale, avesse in un convegno, che sicuramente non si sarebbe tenuto in aula istituzionale come la biblioteca del Senato, affermato che i morti della Shoah sono stati meno dei 6 milioni riportati sui libri di storia, e che l’Olocausto andrebbe inquadrato nel più complesso sconvolgimento dell’Europa post prima guerra mondiale?

Probabilmente saremmo stati arrestati prima ancora di iniziare, ed indicati al pubblico ludibrio. Ed allora perche davanti al massacro di nostri connazionali certe affermazioni debbono rimanere confinate alla condanna di Giorgia Meloni, al silenzio della grande stampa? Abbiamo apprezzato anche noi le parole del presidente della Repubblica, ma vorremmo che alle chiacchiere seguissero i fatti; e purtroppo sappiamo che così non sarà. Perche passato il 10 febbraio, nessuno più parlerà, perché nonostante esista una legge dello Stato, in 5 anni di amministrazione Petrangeli neanche un manifesto ha ricordato quei morti italiani, e mai la prefettura, più volte allertata è intervenuta; perché i senatori del PD non si fanno scrupolo di abbandonare una cerimonia istituzionale davanti all’intervento, come rappresentante ufficiale del Senato, di Maurizio Gasparri.

Perché ancora oggi la CGIL interviene per condannare noi, ma mai ha chiesto scusa del fatto che i suoi ferro tranvieri impedirono a Bologna di aiutare gli esuli, arrivando finanche a gettare il latte che era stato raccolto per i bambini. Ed allora davanti all’ipocrisia di chi obtorto collo subisce la giornata del Ricordo, noi rispondiamo con la rabbia di chi non dimentica l’odio anti italiano dei partigiani comunisti, di cui l’ANPI è il custode della memoria. Per noi le Foibe non sono un marketing elettorale, ma una ferita non rimarginata, ed alla ragione della politica continuiamo ad anteporre la passione delle idee.

Perché la politica è affermazione di un’identità, di un’appartenenza, è sangue e cuore, altrimenti è solo calcolo razionale per occupare una poltrona. E se questo significherà essere condannati da uno Stato che si nasconde dietro a belle parole dette un giorno l’anno, ma che nulla fa concretamente per cancellare il negazionismo schifoso di chi dopo 70 anni non ha ancora la dignità di chiedere scusa, ben venga la condanna. E se saremo soli ad affrontare questo processo, ne saremo ancora più orgogliosi.