Primo anniversario del sisma di Accumoli e Amatrice per il vescovo Vito Piccinonna

FOTO: Chiesa di Rieti

Primo anniversario del sisma di Accumoli e Amatrice, per il vescovo Vito. Terre e comunità già visitate più volte da monsignor Piccinonna, ma che oggi, quando il calendario segna la data 24 agosto, si uniscono insieme nella commemorazione delle loro vittime, con il pensiero che va, inevitabilmente, a quello che accade quella terribile notte del 2016: sette anni fa ormai, con ferite ancora non rimarginate ma speranze vive, nel futuro e nella ricostruzione.Nela cavea dell’Auditorium della Laga del paese che ha pagato di più in termini di vittime è stata concelebrata la Santa Messa presieduta da monsignor Piccinonna.

“Questa celebrazione eucaristica vuole essere per tutti noi motivo di affidamento al buon Dio anzitutto dei nostri cari, i cui nomi sono scritti non solo nel nostro cuore ma, per l’eternità, nel cuore stesso di Dio; ma è anche motivo di affidamento di noi stessi e delle nostre vite, dei nostri scoraggiamenti ma soprattutto delle nostre speranze. La Parola che abbiamo ascoltato viene da Dio, è suo dono, è Lampada che brilla in luogo oscuro finchè venga la luce, perciò è parola degna di fiducia, come nessun’altra” – ha detto nell’omelia don Vito.

“Solo Dio ha parole competenti e affidabili per i nostri cuori perché, nonostante dubbi e fatiche, camminiamo nel bene, prendendoci per mano, sostenendoci a vicenda, mai disperando. Come Pastore di questa terra martoriata e ferita sento di esortarci reciprocamente anzitutto ad essere e a fare comunità e a tendere molto a questo. Abbiamo bisogno di essere salvati dalla solitudine e dalla dispersione, dalla tristezza e dallo sconforto che ci portiamo tutti dentro. È solo Gesù, la Speranza fatta carne, a salvarci, a farci ripartire continuamente, talvolta anche rivedendo i nostri modi, le nostre prospettive, le nostre “certezze”».Il richiamo va a Bartolomeo apostolo, di cui si fa memoria proprio il 24 agosto: «È uno dei Dodici, chiamato ad una particolare intimità col Maestro.

L’altro apostolo, Filippo, gli comunica una bella notizia: finalmente abbiamo trovato l’Atteso, Colui di cui parla tutta la Sacra Scrittura, il Messia, Gesù di Nazareth. Bartolomeo non sembra affatto un credulone, non si lascia sedurre facilmente, anzi tiene alte le sue difese; tra l’altro sentire di uno che viene dalla sconosciuta Nazareth non sembra proprio aprire buone possibilità, eppure la scelta di Bartolomeo di non rimanere arroccato sulle proprie posizioni, aiutato dal Vieni e vedi di Filippo, fa ripartire la vita secondo vie inedite e non precisate, in una amicizia col Signore che sarà portatrice di una promessa che può far aprire il cielo, quel cielo che dal 24 agosto di sette anni fa anche a noi sembra chiuso».Si prega e ci si commuove, stringendosi le mani e guardandosi in viso. Qualcuno ha ancora negli occhi quelle immagini di sangue, nel naso la polvere, sulle unghie la terra rimasta per giorni e giorni, dopo il tempo passato a scavare armati di attrezzi di fortuna, e della tenace speranza di trovare i propri cari ancora in vita.Le parole del vescovo Vito riportano a quella speranza, alla fiducia nel futuro e nell’affidamento al Signore: «Siamo qui a coltivare la fiducia nel Dio di Gesù Cristo che non ha smesso di esserci Padre e mai lo farà!

Questa pagina del Vangelo ci ricorda oggi che qualcosa di nuovo accade solo quando riusciamo a fare comunità. È questa la premessa e la forza liberante per tutto. Bartolomeo senza Filippo sarebbe rimasto al riparo, in difensiva ma comunque solo e senza la possibilità di conoscere Gesù, l’Uomo‐Dio che da Nazareth, da dove nessuno avrebbe scommesso un centesimo, veniva a portare luce a tutti coloro che erano nelle tenebre e nell’ombra di morte. Di questa Luce ne sentiamo oggi più che mai profonda nostalgia e desiderio.

E si offre a ciascuno, gratuitamente ma almeno con l’impegno di desiderarla. Benedetta la nostra vita, cari fratelli e sorelle, quando ci accorgiamo degli altri e, anche in memoria dei nostri cari, con tenerezza, ci disponiamo ad accogliere, a non lasciare ai margini, a fare comunità perché solo un più grande e forte senso di comunità ci potrà aiutare ad accorgerci che, nonostante tutto, il cielo su di noi non è rimasto chiuso: sì, una comunità più forte del terremoto! E il Buon Dio doni a ciascuno, secondo le proprie responsabilità, di fare bene il bene, senza risparmiarci».