Mario, Stefania e il sorriso di Filippo

«Avevamo due soluzioni: o impazzire, o reagire, e abbiamo deciso per la seconda». Mario Sanna è deciso e pragmatico nonostante gli occhi che di tanto in tanto si lucidano parlando di Filippo (nella foto).
Lui e la moglie Stefania, intervistati da andareoltre.org, sono genitori sconvolti dalla morte di un figlio avvenuta dopo giorni di agonia a causa del terremoto del 24 agosto 2016 ad Amatrice.
Filippo Sanna, uno dei tre figli della coppia, allora non aveva ancora 23 anni. Quel dolore «che ti annebbia e non ti fa ragionare» lo hanno trasformato quasi subito in iniziative, idee, rassegne, memorial affinché il suo ricordo non si perda nel tempo.
L’Associazione “Il sorriso di Filippo” è nata subito dopo l’elaborazione del lutto, «una cosa nata dalla necessità» realizzata grazie al supporto di amici, associazioni e conoscenti che hanno voluto dare il proprio supporto in memoria di una giovane e solare vita spezzata. Proprio in virtù della vivacità di Filippo, amante della musica e della lettura, tutte le attività volute dalla sua famiglia andranno a supporto dei giovani, per permettere loro di vivere un’esistenza culturalmente piena ed appagata.
In nome di Filippo Sanna sono nate due borse di studio alla facoltà di Ingegneria dell’Università dell’Aquila, ed altre due al conservatorio per ricordare anche Anna Grossi, giovane musicista anche lei scomparsa a causa del sisma. E poi la prima edizione del Premio Letterario Nazionale per ragazzi che sta per vedere la luce e tante altre bozze da sviluppare. Ma Stefania e Mario non hanno intenzione di fermarsi. Parlano a raffica, si sovrappongono, elencano le molte idee in cantiere che sono tenacemente motivati a realizzare.
Viene spontaneo chiedersi da dove attingano tanta forza e tanta energia per andare avanti con un simile entusiasmo dopo un dolore così atroce. Stefania tira fuori dalla sua borsa le sue risposte, e le dispone in bella mostra sul tavolo. La prima è un vecchio numero di «Frontiera», settimanale della diocesi di Rieti, datato 9 settembre 2016.
È un po’ spiegazzato e consunto, non ci vuole molto a capire che lo porta sempre con sé, aperto a pagina 10. «Non ricordo neppure bene in base a quale casualità mi capito questo giornale tra le mani, ma tutto è partito da questo articolo».
Una pagina scritta pochissimi giorni dopo la tragedia del terremoto che riportava le parole del teologo Simone Morandini, ospite del primo Meeting dei Giovani di Greccio: «Dio non è mai indifferente al nostro dolore».
A corredo dell’articolo, l’inquietante fotografia di una casa ridotta ad un cumulo di sassi, con un’utilitaria bianca miracolosamente intonsa in primo piano. Per Stefania è un segnale forte: è la loro casa, quella dove è morto Filippo, e quella è la sua macchina. Non fa che domandarsi «perché proprio la mia casa tra tante foto».
Ci sono altre “risposte” disposte sul tavolo di fronte a noi. C’è “Gocce di Memoria”, il libricino voluto dalla diocesi di Rieti per ricordare le 249 vittime, che ha contribuito a maturare nell’animo di Mario e Stefania la volontà di proseguire nel percorso del ricordo del figlio e delle altre persone scomparse. E poi ancora, un libro donato casualmente che invita a «trasformare la propria vita in danza».
Ma i tempi per “andare oltre”e volgere il dolore in propositività non sono ancora maturi, la sofferenza è forte, talvolta insopportabile. La “svolta”, quella decisiva, arriva attraverso le parole di Riccardo, l’altro figlio ventenne, studente universitario a L’Aquila: «se mamma e papà continueranno a piangere finirà che non vorrò più vederli e rimarrò definitivamente a L’Aquila».
Attraverso queste parole taglienti come rasoi Mario e Stefania capiscono che dopo aver perso Filippo non possono permettersi di perdere anche gli altri due figli. Così voltano pagina. Trasformano la voglia di lasciarsi morire in voglia di fare. A servizio di tutti i ragazzi che vorranno proseguire a coltivare le proprie passioni, le stesse passioni bruscamente interrotte dal tremore della terra in quella tragica notte d’estate.