Via libera dell’Antitrust al protocollo d’intesa della filiera lattiero-casearia, che prevede un aumento fino a 4 centesimi del prezzo minimo del latte alla stalla, da parte della grande distribuzione e dei caseifici, senza alcun impatto sui consumatori.
“Adesso ci sono tutte le condizioni per rendere immediatamente operativo l’accordo di filiera raggiunto per fermare la speculazione in atto sul prezzo del latte alla stalla”. E’ quanto ribadito dal presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri in occasione del tavolo latte convocato per oggi dal Ministro elle Politiche Agricole Stefano Patuanelli. Ieri l’Autorità Antitrust ha riconosciuto che il Protocollo e’ finalizzato a sostenere “transitoriamente il reddito degli allevatori in una situazione di effettiva emergenza e di forte impennata dei costi di produzione”, che mette a rischio secondo la Coldiretti il futuro di 26mila stalle presenti in Italia.
Un settore, quello zootecnico, che solo nel Lazio offre lavoro ad oltre 20 mila dipendenti ed è caratterizzato da una varietà nella consistenza del bestiame con oltre un milione di capi, che rappresenta una quota del 5% circa del dato nazionale, che sale al 15% in riferimento all’incidenza dei capi bufalini.
“A pesare enormemente su una situazione già resa difficile dalla pandemia – prosegue Granieri – è anche l’esplosione dei costi di energia e mangimi. E’ necessario adeguare subito i compensi riconosciuti agli allevatori italiani per tutelare il lavoro e la dignità delle imprese di allevamento, ma anche per salvare un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici ed evitare lo spopolamento e il degrado di interi territori soprattutto in zone svantaggiate. Non posiamo permetterci, inoltre, di compromettere la produzione di prodotti di ottima qualità e preziosi per il nostro territorio come il latte fresco, di cui Roma e il Lazio sono tra i maggiori consumatori in Italia”.
I rincari per gli agricoltori vanno dal 50% al 150%. Un’impennata dei
prezzi che si ripercuote a cascata sui bilanci delle imprese agricole
strozzate dagli aumenti, che non sono minimamente compensati da prezzi
di vendita adeguati. Si registra dal 50% in più
per l’acquisto del gasolio necessario alle attività agricole, come
l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione, fino alle
materie prime, l’alimentazione del bestiame, il riscaldamento delle
serre per la produzione di ortaggi e fiori. Stessa situazione
per il costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei
fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con
l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato
biammonico Dap raddoppiato (+100%) da 350 a 700
euro a tonnellata, mentre prodotti di estrazione come il perfosfato
minerale registrano +65%. Rincari che non risparmiano neanche i
fertilizzanti a base di azoto, fosforo e potassio che subiscono
anch’essi una forte impennata (+60%).