Nuovo appuntamento su Rietinvetrina con la RUBRICA DI ANGELITA, a cura del Centro Antiviolenza Angelita di Rieti. Oggi l’articolo é a firma di Federica Festuccia, responsabile formazione giovani.
“Non siamo belle e brave. Non adeguarsi ai dettami di questa società è l’unico modo per farcela. La società in cui viviamo corre veloce, avanza a passo sempre più spedito in tanti ambiti, scientifico, tecnologico, elettronico, informatico ma cambiare alcune concezioni relative alla donna sembra quasi impossibile, purtroppo.
Da una donna ancora ci si aspetta, prevalentemente, che sappia cucinare bene, tenere in ordine la casa, prendersi cura dei figli, essere una brava compagna e si resta stupiti se, invece, lavora come o più di quanto faccia il suo compagno, se ottiene una buona posizione lavorativa, se è capace di guidare correttamente l’automobile, addirittura. E poi, quante volte abbiamo dovuto sentirci dire “sei bella e brava!”? Cosa significa esattamente? Essere bella esclude di avere capacità? È una prerogativa imprescindibile la bellezza per una donna affinché sia anche brava? Può una donna essere ritenuta capace senza dover essere ritenuta anche bella?Una donna non può e non deve essere sotto l’occhio superficiale di questa società ancora eccessivamente androcratica, che non riesce a porre l’uomo e la donna in posizioni paritarie.
Una donna è libera di scegliere se diventare madre oppure no e, se non vuole mettere al mondo dei figli, non è meno donna di chi ha scelto diversamente; un compagno che si prende cura della casa non sta aiutando sua moglie, sta collaborando e sta facendo esattamente ciò che è suo compito fare, alla stessa stregua di lei; una donna che lavora non toglie tempo né ai figli né al marito, mette a frutto le sue capacità.
Quando permettiamo che qualcuno ci dica cosa possiamo o non possiamo fare iniziamo a morire, lentamente giorno dopo giorno. L’anno appena concluso ha portato con sé, purtroppo, un risultato spaventoso in termini di violenza sulle donne: centoquattordici donne sono state uccise per mano dell’uomo che diceva di amarle.
Centoquattordici, una ogni tre giorni.Donne che, magari, giorno per giorno hanno rinunciato a qualcosa, un tacco, un rossetto, un’uscita con un’amica, un lavoro, confondendo la privazione imposta dal marito, dal fidanzato con l’amore. L’amore vero si sostanzia nel rispetto della libertà dell’altra persona e mai nella privazione. Non dobbiamo cedere mai il passo alle parole sgarbate, alle negazioni.