FEDERLAZIO: ALL'AUDITORIUM VARRONE PER ANALIZZARE L'ENCICLICA PAPALE "CARITAS IN VERITATE"

Convegno

Tra il capitalismo ed il marxismo una terza via, quella dell’economia del dono, della gratuità, ben diversa dalla semplice “offerta”, che mette al centro l’uomo, ed un’eticità nel fare impresa che va di pari passo con il progresso.

E’ quanto emerso durante l’incontro organizzato all’Auditorium Varrone dalla Federlazio di Rieti e dal Gruppo Giovani Imprenditori di Federlazio per analizzare l’Enciclica Papale “Caritas in Veritate” – che affronta esplicitamente il tema del fare impresa e della responsabilità dell’imprenditore – insieme a Sua Eccellenza il Vescovo di Rieti, Monsignor Delio Lucarelli, e Monsignor Leuzzi, direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma.

“Il Papa – ha detto Carmine Rinaldi, presidente della Federlazio di Rieti – ci invita con questa Enciclica ad essere consapevoli che oggi il quadro dello sviluppo è policentrico e che non è sufficiente progredire solo da un punto di vista economico e tecnologico. Bisogna che lo sviluppo sia anzitutto vero e integrale e che abbia al centro l’uomo. Il Pontefice sottolinea anche che il profitto è utile se, in quanto mezzo, è orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul come utilizzarlo. L’esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere la ricchezza e creare povertà”.

Il presidente del Gruppo Giovani Industriali di Federlazio, Marco Bartolomei, ha ribadito la necessità, suggerita dal Pontefice nel terzo capitolo dell’Enciclica, “di riscoprire i valori della fraternità, della condivisione, dell’aggregazione, messaggi importanti per un’associazione di categoria che come la Federlazio fa della rete, della capacità di lavorare insieme per raggiungere obiettivi di business e per dare forza alle piccole e medie imprese, un elemento distintivo”. “Il messaggio Papale – ha aggiunto – non significa un ritorno al passato ma a valori che fanno parte della nostra storia di uomini, dal senso del lavoro inteso come colonna della società civile ad un modo etico di fare business”.

“La proposta lanciata dall’enciclica – ha detto Monsignor Leuzzi – è un invito a prendere coscienza della dinamicità della storia, una storia che non possiamo fermare e che in questo processo di globalizzazione ed interdipendenza ci porta ad essere una sola famiglia. Possiamo dominare questa dinamicità, tuttavia, solo se riusciamo a porre nella società un rapporto tra carità e verità non solo etico ma che permetta a tutti gli uomini di essere partecipi di questa costruzione. Una costruzione che permette agli uomini di “essere di più”, soddisfando non solo le proprie esigenze materiali ma anche l’altrettanto importante bisogno di non sentirsi soli. In questo è grande la responsabilità dell’imprenditore, del politico, delle istituzioni ecclesiali”.

Numerosi gli esempi di come l’economia del dono e della gratuità possa conciliarsi con il principio materialistico dell’economia.
Ad illustrarli il Vescovo di Rieti, Monsignor Delio Lucarelli. “Nei Paesi islamici dove è vietato il prestito ad interesse compreso quello delle banche – ha detto Monsignor Lucarelli, che ha anche citato la bontà della teoria economica di Marx fatta eccezione per la soluzione rivoluzionaria e l’abolizione della proprietà privata – l’istituto di credito diventa socio dell’imprenditore e assume su di sé i rischi ed i vantaggi dell’operazione. Qui c’è di mezzo la gratuità, il rischio imprenditoriale della banca, la fiducia che viene a stabilirsi tra il cliente e l’impresa-banca. Nei nostri Paesi occidentali, invece, le banche prestano denaro solo se sono sicure di non rischiare, e chiedono avalli, fideiussioni, garanzie, ipoteche. Questo è un limite all’attività di impresa e non si sviluppa il fiuto imprenditoriale di chi gestisce la banca”.

Intervenuto, di fronte ad una platea di imprenditori ed istituzioni, anche l’assessore regionale alla Cultura ed Istruzione Antonio Cicchetti che ha detto che “marxismo e liberismo scontano entrambi la mancanza di una visione spirituale della cui necessità ci stiamo accorgendo, non per virtù ma per necessità”.