Ex Zuccherificio, Ludovisi (RietiinComune): “Quando la politica dimentica i bisogni della Città. Ciò che non c’è nel progetto in 8 punti”

“Abbiamo seguito con molta attenzione e speranza la presentazione del progetto di recupero dell’ex zuccherificio, sul quale da sempre c’è un’aspettativa altissima da parte di tutta la città.

La giunta a guida Cicchetti-Sinibaldi si ricorda di portare questa proposta alla fine della consiliatura, quando invece c’erano cinque anni per costruire, raccontare e potenziare un progetto solido con i proprietari, con le associazioni di categoria e con la città intera. Una proposta tardiva, utile solo per la campagna elettorale e per alimentare la lotta del SÌ contro il NO. Con rammarico vediamo che si fa leva sulla stanchezza dei cittadini, disposti a credere che sia accettabile qualsiasi cosa, anche l’ennesimo supermercato, piuttosto che lasciare quell’area all’incuria e alla desolazione. Difficile per la giunta ammettere che è necessario passare la palla a chi può portare avanti un disegno diverso per recuperare, non per radere al suolo, l’ex zuccherificio e farne uno spazio capace di rigenerare tutta la città.

In realtà basterebbe analizzare i dettagli della proposta per provare la nostra stessa delusione, non per quanto c’è in quello che viene definito “il più importante punto di aggregazione per servizi, shopping e tempo libero della città”, ma per quello che avrebbe potuto esserci e non c’è.

●       Non c’è stata alcuna progettazione partecipata, quindi restano i desiderata del privato proponente senza nessuna traccia delle esigenze dei cittadini. Non bastano un paio di riunioni di facciata: una politica partecipata è una delle poche garanzie che un progetto cittadino che necessita (anche) di variante urbanistica venga condiviso, venga arricchito dalle indicazioni della discussione e quindi davvero realizzato. Chi sosterrà le iniziative che potrebbero essere svolte in quegli spazi? Quali associazioni, quali imprese, quali esercizi possono vedere in quegli spazi un posto in cui costruire qualcosa? La proposta presentata è una proposta a senso unico, dove non si ha evidenza del coinvolgimento di altri attori (come scritto anche dalla Confcommercio Lazio Nord). Il centro proposto non sarà diverso da nessun altro supermercato già esistente, i metri quadrati concessi in più saranno spazi privati da affittare ad altre attività private (palestre? farmacie?) che produrranno solo altro svuotamento del centro storico. E’ una strategia voluta o una scelta fatta tanto per “fare” e dimostrare di non essere immobili?

●       Non c’è un progetto di integrazione con le aree circostanti, che si inserisca in una visione globale capace di proiettare Rieti verso il futuro. Non esistono ipotesi di relazioni con le aree interne al proprio comprensorio così come con quello di le Porrara. Non c’è nessuna strategia di pianificazione complessiva capace di ricucire e disegnare la città, di immaginare un percorso sostenibile di rigenerazione del tessuto cittadino che unisca questo luogo del futuro con la città consolidata, con il centro storico, con la periferia.

●       Non è ancora pubblico né evidente a quanti euro ammonti la plusvalenza o la cessione di aree necessarie in cambio della deroga alle norme attuali, né come tali somme o nuove aree pubbliche saranno usate per l’interesse collettivo. Tutto viene demandato ad una futura convenzione non ancora nota che in realtà doveva essere il vero atto fondativo del patto tra il privato proponente, l’Amministrazione comunale e la città. Un dettaglio non di poco conto, che aprirebbe scenari diversi in merito a quanto l’amministrazione potrebbe concedere e ottenere sull’Area;

●       Non ci sono evidenze di ecosostenibilità delle strutture, di sistemi innovativi di gestione energetica, dei materiali con cui verrà realizzata la ricostruzione, quasi totale e con il restauro di una percentuale esigua, di uno dei simboli più importanti della storia cittadina, perché restaurare è “eccessivamente oneroso” ed incompatibile con “l’equilibrio economico” del progetto. Dappertutto in Italia, posti come l’ex zuccherificio vengono recuperati e diventano luoghi unici al mondo. Da noi buttiamo giù quello che resta per farci un supermercato che creerà nel breve qualche posto di lavoro e che nel frattempo svuoterà altri centri commerciali e il centro storico, creando nuova disoccupazione. Un gioco a somma zero, nella migliore delle ipotesi!

●       Non c’è nessun riferimento a che il nuovo parco urbano (chiamato così solo per la presenza di qualche albero distribuito nell’ampio parcheggio destinato ai futuri clienti) faccia da volano ad un’economia circolare incentrata su un territorio che tanto potrebbe offrire in questo campo. Davvero ci si accontenta di un “parcheggio pubblico per un totale di oltre 396 posti auto che serviranno” anche (!) come possibile (!) parcheggio di scambio per il raggiungimento del centro storico, che potrà essere garantito da mobilità alternative messe a disposizione degli utenti (bici elettriche, monopattini, ecc.). In che modo? Come, con chi?

●           Non sembra sia stato pensato un punto di coworking, che tanto sarebbe utile a chi dovesse scegliere di spostare la propria vita extralavorativa nella nostra valle e mantenere quella lavorativa in modalità remota. Cosa ne è della Rieti Smart Village tanto decantata dall’assessore Sinibaldi? Figuriamoci se qualcuno ha pensato di poterci fare un luogo dove nascano nuove imprese, magari portate avanti da giovani impegnati in una filiera produttiva tipica del nostro territorio.

●          Non sono individuati servizi o attività del comune o pubblici che possano contribuire alla vivacità e alla cura degli spazi, affinché diventi davvero un luogo della città.

●       Non c’è la cultura (e viene calpestata l’identità di quel luogo). Non sembra sia stato previsto alcuno spazio che possa in qualche modo riferirsi alla fruizione e alla partecipazione ad alcun bene che non sia, in qualche modo, materiale e tangibile: nessuno spazio museale (magari legato ai vecchi e nuovi lavori), di aggregazione, per l’arte o la musica, che possa attrarre quella platea anche di giovani universitari che, si auspica, vengano a popolare la città nel breve e medio periodo. Davvero siamo sicuri che una volta ristrutturato il palazzo dell’Università gli studenti non richiedano poi di vivere in una città viva e attrattiva? E sappiamo anche quanto le associazioni di giovani e meno giovani abbiano bisogno di luoghi di aggregazione e incontro sani e vivaci.

Immaginare lo Zuccherificio nuovamente fruibile e restituito alla comunità sarebbe stato un sogno per chi, come noi, non ha mai visto altro che un ammasso di stabili pericolanti e circondati da una natura prepotente al civico 117 di viale Maraini. Ma non per questo non possiamo chiedere e pretendere di più come cittadini dopo 40 anni di immobilismo.

Quale contropartita potrebbe essere utile ad una comunità pronta a permettere ad un colosso commerciale di costruire in deroga alle norme che regolano la vita di tutti? Qual è l’interesse pubblico che dovrebbe spingere un consiglio comunale a votare Sì ad un progetto di un privato, all’ultima seduta utile prima del gong finale? É di interesse pubblico aprire un nuovo centro commerciale? Possibile che nessuno abbia mai sentito (e non senta ancora) l’esigenza di declinare le legittime ambizioni di un gruppo imprenditoriale (Coop Centro Italia, proprietario solo in parte delle aree del comparto) con le esigenze di uno sviluppo sostenibile, chiaro, coerente, ambizioso e cucito addosso ad un intero territorio dove le norme attuali prevedono tutto tranne che un nuovo centro commerciale? Queste sono le “giuste” domande da porsi prima di dire SI o NO.

Pensare alla città del futuro significa soprattutto ricucire i vuoti degradati restituendoli alla comunità, rigenerare davvero l’esistente evitando nuovo consumo di suolo, significa liberare la città (almeno la parte piú interna) dal traffico, pensare ad infrastrutture verdi per ricucire e collegare l’interno con l’esterno. Nel 2022 suona davvero ridicolo parlare di “intervento di portata significativamente innovativa” quando si tratta di spazi per palestre e farmacie, e tanto meno ci si può ritenere soddisfatti di quel 5% dell’investimento reso alla città sotto forma di “opere di urbanizzazione” (qualche strada sistemata, due rotonde, un pezzetto di pista ciclabile). Si sente poi odore di beffa quando si racconta nel progetto che “il mall del futuro non può rinunciare a entertainment e coworking: insieme a progetti di edutainment, leisure, food & beverage, ma anche arte e cultura” e ci si ritrova davanti all’ennesimo centro commerciale, con i negozi e le vetrine, ma senza un’idea di città.

Serve un Comune forte per poter dare risposte lungimiranti. Un Comune capace, guidato da persone che hanno dimostrato di saper fare, e non solo di saper fare annunci, che hanno visto il resto del Paese e avanguardie nel mondo, per esercitare fino in fondo la responsabilità di guidare una comunità di cittadini.

Noi di Rieti In Comune siamo per il dialogo con qualsiasi soggetto privato e disposti a concedere varianti urbanistiche e deroghe alle norme attuali, ma per costruire presso l’ex zuccherificio l’anteprima di una città del futuro che rispetti tutti i punti elencati sopra e non una città anni ’90.

Ci saremo, alle elezioni del 12 giugno, perché la città non sia costretta ad arrendersi ad una visione arretrata di sviluppo, perché non venga illusa di chissà quale opportunità. Faremo dell’ex zuccherificio un punto chiave della nostra campagna elettorale e chiederemo, in caso di vittoria del candidato Simone Petrangeli, di essere in prima fila per ripensare, con Coop Centro Italia, un progetto che soddisfi al tempo stesso le aspettative del privato e di una città che vuole smettere di essere miope e di essere in fondo a tutte le classifiche”.

Così RietiinComune