Controvento: “Vale più un caffè o un parlamentare?”

“Il 20 e 21 settembre 2020 siamo chiamati alle urne per decidere se confermare o meno l’ennesima riforma Costituzionale. Una riforma che consiste nel taglio di un terzo dei Parlamentari di entrambe le Camere. Passando da 630 deputati per la Camera a 400 e, per il Senato, da 315 a 200. Questo taglio sembrerebbe sacrosanto. Ma, se lo si analizza, risulta tale?

La modifica agli articoli 56, 57, 58 della Costituzione e quindi, in sostanza, la modifica al numero di parlamentari, porterebbe a minare una delle caratteristiche fondamentali del Parlamento: la rappresentatività. Il taglio non avverrebbe in maniera proporzionale, perciò le grandi regioni resterebbero ampliamente rappresentate, a discapito, invece, delle regioni più piccole (Valle D’Aosta, Basilicata).

Alzando la soglia di sbarramento, i piccoli partiti verrebbero spazzati via e verrebbe eletto difficilmente un politico di una piccola città, Rieti ad esempio. Come movimento politico, crediamo che la rappresentatività vada tutelata. Il taglio dei parlamentari non spazzerebbe via la famosa “casta”, anzi, diminuendo il numero dei rappresentanti le zone periferiche e alcune città resterebbero ancor di più nell’oblio. In tal modo sembrerebbe aprirsi un vuoto incolmabile tra un Parlamento, la casta, e i cittadini.

Inoltre, comparando il numero dei Parlamentari degli altri Stati (Germania, Usa o Francia) si tralascia una piccola variabile, che però, in questo caso, è fondamentale: la forma di governo. La Germania è, infatti, una repubblica federale, gli Stati Uniti e la Francia sono rispettivamente una repubblica presidenziale e semipresidenziale.
Per cui, paragonare la nostra repubblica parlamentare e il bicameralismo perfetto alle varie forme di governo sopraccitate è inutile, equivoco e scorretto. Focalizzandoci sull’aspetto economico, poi, chiaramente ci sarebbe un risparmio per le tasche degli italiani.

Si andrebbero a risparmiare tra i 57 e gli 82 milioni di euro l’anno, esattamente lo 0,01% del bilancio statale. Un risparmio che non sarebbe così determinante, all’incirca un caffè all’anno per ogni cittadino italiano.

Inoltre, se si considera il risparmio l’obiettivo fondamentale, sarebbe più giusto diminuire gli stipendi dei parlamentari e non il numero, per garantire la stessa rappresentatività dell’istituzione e un risparmio proficuo. Quindi, la risposta alla domanda “Vale più un caffè che un parlamentare?” è chiaramente “No”, che poi è ciò che andrebbe votato al Referendum.”

Controvento