Chicco Costini: “Triste storia di un medico di medicina generale”

Di seguito riportiamo integralmente la lettera che il dott. Felice Chicco Costini ha inviato alla redazione di Rietinvetrina, inerente la burocrazia che rende difficile curare le persone:

“Sono medico di medicina generale, due specializzazioni, oltre 13 anni di studio, 33 anni di laurea, una discreta esperienza tra guardie mediche, medicina penitenziaria, e tanti anni di medicina generale. Mi piace il mio lavoro, e mi sono sempre considerato un fortunato per aver potuto nella vita svolgere una professione che amo, in grado di darmi immense soddisfazioni umane e professionali. Credo da sempre nella sanità pubblica. Insomma sono un medico di medicina generale e ne sono soddisfatto. Ma comincio a pensare di essere un povero illuso, che si è costruito un’immagine del proprio lavoro più fantastica che reale.

Piccola storia: l’altro ieri ricevo una convocazione, al vero molto minacciosa, dalla ASL di Rieti, per l’ennesimo audit farmaceutico, procedura burocratica per significare che i medici di medicina generale vengono di fatto “processati” per aver prescritto troppi farmaci ai propri pazienti. E’ il terzo audit negli ultimi mesi. Ma questa volta i toni sono estremamente minacciosi.

E così, mentre il telefono esplode di messaggi pazienti in cerca di risposte, e si susseguono telefonate per i più disperati motivi, mentre la testa viaggia tra il paziente a cui hanno diagnosticato un carcinoma e va accompagnato nella sua difficile battaglia, e la paziente che deve fare gli esami in Umbria, andando a sbattere tra codici differenti a causa della regionalizzazione della sanità, per cui diventa un’impresa richiedere una mammografia alla ASL di Terni avendo una procedura differente dal Lazio, mi avvio verso il palazzo di viale Matteucci, curioso di sapere quali saranno le stringenti comunicazioni che la direzione ASL di Rieti, su indicazione della Regione Lazio, mi dovrà dare.

Dentro di me spero che qualcuno voglia parlare delle difficoltà burocratiche, inutili, assurde, con cui siamo costretti quotidianamente a confrontarci, in una diuturna lotta tra l’interesse del paziente, il tentativo di giungere ad una diagnosi, all’impostazione di una terapia (ovverosia quello che dovrebbe essere il centro del nostro agire come medici) ed il muro di gomma di sportelli CUP in cui i codici non corrispondono mai, prenotazioni rimandate perché non coincidono perfettamente al mitico manuale RAO, procedure bizantine che ci vedono costretti a ricompilare moduli per pazienti cronici per i quali dobbiamo ripetere costantemente che no, un anziano con demenza senile purtroppo non guarisce, che la sua incontinenza non migliora, e che si, continua anno dopo anno ad avere necessità dell’assistenza domiciliare. Ma già so che non sarà così.

Ed infatti la convocazione è dovuta ad una dura reprimenda del mega direttore galattico della Regione Lazio che intima al manager ASL di intervenire sul comportamento scandaloso dei medici di medicina generale che continuano a prescrivere farmaci, non attenendosi alla lettera alle farraginose procedure stabilite dagli ineffabili burocrati della Pisana.

In estrema sintesi il vero problema della sanità laziale non sono i pronto soccorso messi in mano ai gettonisti che esplodono, i pazienti abbandonati per giorni nelle astanterie, le interminabili liste d’attesa che costringono, chi può, a rivolgersi alla sanità privata o ad astenersi dal fare esami anche necessari, no il problema è che il medico di medicina generale prescrive troppa eparina ad un paziente uscito dall’ospedale, magari con un linfoma, o in convalescenza dopo una frattura, prescrizione fatta su richiesta dell’ospedale, che si, il farmaco dovrebbe essere dato direttamente dall’ospedale stesso al paziente, ma nove volte su dieci non lo fa, rimandando la palla al medico di base.

Il dramma della sanità pubblica per questo signore, sopravvissuto a qualsiasi maggioranza politica, uscito incredibilmente illeso dalla tragica gestione del Covid, personaggio quasi mistico, del quale i dipendenti ASL parlano con la stessa estasi dei colleghi di Fantozzi, quando si riferivano al super mega direttore galattico, è che quei disgraziati medici di medicina generale si ostinano a prescrive gli omega 3, i protettori dello stomaco, le eparine, contravvenendo alle precise, puntuali, allucinanti regole che lui e qualche altro burocrate ben pagato hanno stabilito.

Il disastro della sanità è dovuto al fatto che i medici di medicina generale invece di trasformarsi in ragionieri che millesimano prescrizioni, dosi, analisi, invece di passare il proprio tempo a districarsi tra note incomprensibili, a prosaiche indicazioni di ineffabili burocrati, si permettono di curare i propri pazienti. E così quelli che in epoca epidemica erano diventati gli angeli in prima linea, tornano ad essere i delinquenti che con il loro non attenersi alla burocrazia folle degli uffici regionali, debbono essere processati, minacciati, irretiti da grigi funzionari, che chiusi nei loro uffici, hanno come unica preoccupazione quella di compiacere il potente di turno.

Ed allora torna in mente l’ultima paranza della politica locale, venuta ad autoincensarsi per aver pittato di fresco qualche sala del pronto soccorso, pieni della boria di una politica regionale, nazionale, lontana anni luce dalle reali esigenze della gente, e viene una gran voglia di andarli a prendere nei loro uffici, o di pizzicarli in qualcuna di quelle cene elettorali in cui promettono, illudono, e dirgli in faccia: tieni caro Rocca, presidente della Regione, prenditi il mio fonendoscopio, il mio camice, e vai tu a spiegare alla vecchietta chiusa in casa che non posso segnarli l’eparina, che le serve, perché le regole non lo permettono; vadano deputati e consiglieri regionali a convincere il disoccupato con i trigliceridi alle stelle, che gli omega 3 che gli hanno prescritto gli specialisti se li deve pagare, perché altrimenti il debito regionale cresce a dismisura.

Ci vadano loro, i loro mega dirigenti da 15000 al mese, tronfi del loro potere tra le persone, invece di blaterare di telemedicina, case della comunità, ed altre amenità del genere. Io non ce la faccio più. Io vorrei curare le persone, vorrei fare il medico, vorrei farlo nella sanità pubblica. Ma così non ce la faccio più”.

Felice Chicco Costini, Medico di medicina generale (non so per quanto tempo ancora)