Vincenzo Di Flavio e Roberto Marinelli – Il palio di Rieti dai tornei medievali ai giochi equestri dell’ottocento

IL PALIO DI RIETI DAI TORNEI MEDIEVALI
AI GIOCHI EQUESTRI DELL’OTTOCENTO

Un celebre slogan di qualche anno fa pubblicizzava un prodotto dolciario senese con la parola Palio, e l’identificazione tra Palio e Siena era ed è immediata, anche se l’Italia è costellata di Pali. La storia del Palio è un punto di riferimento fondamentale per la storia della città medievale.

E Rieti non fa eccezione in questo. Se ne aveva conoscenza, qualche studio rinviava a documenti esistenti nell’Archivio Comunale e Diocesano, mai però era stato affrontato l’argomento in maniera circostanziata. Merito di due studiosi reatini, che da anni si dedicano alla ricerca storica della nostra città con competente scientificità. Vincenzo Di Flavio e Roberto Marinelli – per la storia medievale il primo, per la moderna il secondo – possono essere considerati degni della massima attenzione.

I loro curricula annoverano pubblicazioni di importanza fondamentale per la storia del nostro territorio. Non fa eccezione il presente lavoro. Capace di riscoprire pagine tanto sconosciute quanto affascinanti che sarebbero rimaste sepolte negli archivi e che invece meritano di essere svelate.

Si parte, dicevamo, dal Palio di Rieti. Si è sempre detto che via della Ripresa si chiamava così perché in quel punto si “riprendevano” i cavalli che avevano gareggiato lungo Via Terenzio Varrone (allora chiamata il Corso). Tutto qui.  Ora scopriamo una storia antica e sconosciuta, affascinante e integrante. L’inizio è collocabile nel XIII secolo.L’abbinamento era tra processione, rito devozionale per eccellenza, e Palio, gioco laico e popolare. Nella “Città di Santa Maria”, come viene definita Rieti, l’8 settembre si celebrava la natività della Madonna.
La sera della vigilia una lunga e suggestiva processione dei ceri si snodava lungo le vie cittadine, il giorno della festa, nel pomeriggio, era la volta del Palio.

Più di un secolo più tardi, divenne il Palio dell’Assunta, perché si celebrava proprio il 15 agosto. E questa tradizione è giunta, con forti mutazioni di riferimento ad inserirsi nella storia dei carnevali del XIX secolo. La storia di una città può essere raccontata dai segni significativi che essa esprime. Il palio di Rieti è uno di questi. Lo dimostrano Di Flavio e Marinelli restituendoci uno spaccato della società civile e religiosa cittadina. Dietro quel drappo purpureo, che veniva consegnato al Podestà reatino ci può essere il segno della sottomissione di una città vicina (avviene con Stroncone).

Dietro il pagamento della cera per la processione c’è il segno dell’appartenenza delle comunità del circondario: nella processione erano rappresentati i castelli e le ville del contado, ma anche i rappresentanti delle arti, dei mestieri, delle professioni.
Le trasformazioni di una manifestazione, che coniuga l’aspetto religioso e laico attraverso il tempo, sono lo specchio dei cambiamenti politici, sociali, economici. Nel febbraio 1893, in tutt’altro contesto, la Società italiana per le strade ferrate meridionali comunicherà al sindaco di Rieti l’istituzione di un biglietto ferroviario valido per tre giorni (andata e ritorno) sulle tratte Perugia-Foligno-Civita Castellana-Stimigliano-Poggio Mirteto-Fara Sabina-Roma e Terni-Rieti-Antrodoco-L’Aquila.

Ricorda Marinelli: “L’intento era di favorire gli spostamenti in occasione delle feste d’estate che si tenevano nella città di Rieti, con particolare attenzione al cartellone del teatro Flavio, al carnevale, alle giostre, alle carriere e ai concorsi ippici”.
Ne era passata di acqua nel Velino!.