L’antica città di Mefula a Fara in Sabina (Monte San Martino)

A circa trenta stadi (5,3 km) da Suna (Toffia) Dionigi di Alicarnasso riporta la città di Mefula, di cui si mostrano le rovine e tracce delle mura. Lungo la via Farense, a circa 5 chilometri da Toffia, si giunge a Fara in Sabina.

Qui sulla prospiciente altura di Monte San Martino venne rinvenuto un esteso ed articolato abitato protostorico dell’età del Bronzo recente e finale. I reperti vennero alla luce sul declivio del monte a ridosso della strada, presso il bivio che conduce al paese di Fara, in località Quattro Venti, alle spalle di un campo sportivo abbandonato.

Le ricerche di Filippi e Pacciarelli evidenziarono la presenza di alcune opere di terrazzamento con mura realizzate in pietrame a secco, all’interno delle quali vennero rinvenuti i materiali ceramici protostorici, risalenti al Bronzo finale (alcuni dei quali si conservano nel vicino Museo di Fara). Questi reperti vennero messi in rapporto ai recinti di mura, dei quali si ipotizzò (in alcuni casi) una datazione ad epoca protostorica.

Il sito protostorico, posto ad una quota di 493 metri s.l.m., venne classificato come “insediamento di altura”, nel quale fu possibile ricostruire l’andamento di almeno tre cinte murarie, ellissoidali, che seguivano le curve di livello. Queste murature a secco erano pertinenti ad un sistema di sostruzioni e terrazzamenti disposti su più livelli, i quali servivano per delimitare l’estensione di ogni singolo spazio abitativo.

Il monte (peraltro noto anche come Monte Acuziano) prende il nome dal monastero medievale di S. Martino, peraltro rimasto incompiuto.

La mancanza di materiali della prima età del Ferro sembra collocare in questo periodo la cessazione di vita dell’insediamento (forse da mettere in relazione alla contemporanea nascita dei centri sabini in pianura, come la vicina Cures).

La distanza di circa 5 km riportata da Dionigi di Alicarnasso tra i siti aborigeni di Suna e Mefula coincide ancora oggi con la distanza tra Toffia e Monte S. Martino.

Dionigi riferisce inoltre della presenza di mura, unico caso a riguardo del popolo aborigeno, un dato che trova conferma dall’effettiva presenza sul monte di murature a secco attribuibili ad epoca protostorica (peraltro rare in Sabina). Il termine Mefula deriva forse da toponimi simili come Medula, Medullia … ed andrebbe messo in relazione alla posizione centrale (medium) occupata da questo abitato all’interno della Sabina protostorica, a metà strada tra Suna ed Orvinium.

Tratto da volume di Christian Mauri “La Sabina prima dei Sabini, gli Aborigeni e l’età del Bronzo. I santuari romani in opera poligonale”, edito dalla Aracne editrice nel 2018.