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martedì 16 Settembre 2025
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Inizia a Grisciano la lunga notte di Amatrice e Accumoli: “La speranza degli afflitti non verrà delusa”

«La speranza degli afflitti non verrà delusa» queste le parole chiave della prima veglia di preghiera in onore delle celebrazioni del quarto anniversario del sisma, quella delle 21.30 a Grisciano di Accumoli. Davanti alla fiancata di un bar, trasformata per l’occasione in un balcone fiorito, la comunità si è riunita per un momento di intenso raccoglimento.

Né le temperature rigide delle notti in montagna né le stringenti regole anti-Covid hanno infatti fermato le persone dal riunirsi in un abbraccio virtuale che, ogni 24 di Agosto, rivolgono tutti uniti ai propri cari scomparsi.

«La drammatica esperienza di questi quattro anni ci ha fatto capire che l’afflizione, originatasi in una manciata di secondi, rimane come sottofondo del nostro vivere quotidiano. Niente è e sarà come prima». Ecco perché, come ha sottolineato don Stanislao, è necessario ricordare tutti coloro che ci hanno lasciato in quella terribile notte: madri, patri, figli, parenti e conoscenti. La memoria unita alla preghiera «accende la fiamma della speranza, facendo innalzare, insieme ai muri di cemento, anche le esistenze delle persone terremotate».

Così, simbolicamente, sopra al balcone fiorito è stata posta una finestra, “la finestra della speranza” che consente allo sguardo di andare oltre. «Non è facile parlare di speranza in questa terra martoriata dal terremoto e ulteriormente provata dalla pandemia, ma proprio in questo contesto è necessario farlo per non lasciare il terreno incolto e favorevole alla disperazione» ha spiegato don Stanislao.

«Abbiamo promesso a chi abita qui che non lo avremmo abbandonato ma aiutato a ricostruire una quotidianità» ha proseguito il parroco, mettendo in luce, però, che nel racconto del post-sisma si devono evitare due estremi, «dire che va tutto bene o che va tutto male». Si può affermare, insomma, che si sta attraversando il “periodo dell’erba”: la demolizione quasi completata e la costruzione poco avviata hanno fatto sì che al posto delle case sia cresciuta tanta erba, dalla quale deve rinascere la speranza.

Terremotati dunque, ma prima di tutto persone. Uomini e donne che sono rimasti o che se no sono andati, tutti con un grande peso nel cuore. Ed è proprio nei giorni difficili che la forza d’animo sembra vacillare. La fede, messa a dura prova dal terremoto, è però arricchita dalla presenza della chiesa che, quest’anno, si è fatta ancora più viva attraverso la presenza dei frati, come ha ricordato il vescovo durante la benedizione.

Dirigendosi poi al commissario Legnini, presente alla veglia, don Domenico ha ribadito come «preso atto della lentezza della ricostruzione, sia necessario imprimere una svolta, alla quale, in questa particolare circostanza, la comunità prova ancora una volta a credere».

Solo l’unione degli abitanti, della chiesa e delle istituzioni, quindi, può fare la forza. «È importante che tutti noi ci sentiamo protagonisti di questa ricostruzione- ha ribadito don Stanislao – dobbiamo essere persone che non soltanto sperano ma che contribuiscono con gli atteggiamenti e le fatiche a far sì che questa non sia più terra di disperazione».

FONTE: Frontierarieti.com

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