Prosegue il nostro appuntamento con la rubrica ALIMENTIAMOCI IN SALUTE con la dott.ssa Raffaella Silvi, Biologa Nutrizionista – www.nutrizionistasilvi.it
Oggi parleremo di una delle problematiche infiammatorie più comuni, la sindrome del colon irritabile. Per molte patologie gastrointestinali la causa non è identificabile con gli esami strumentali a nostra disposizione per l’assenza di un’alterazione evidenziabile con un esame di laboratorio o radiologico o endoscopico. Malgrado lo stato di sofferenza indotta da queste condizioni funzionali non giustificabili con esami diagnostici non sia inferiore alle malattie causate da alterazioni organiche, esse non sono riconosciute dal Ministero della salute, non trovano alcun riscontro nel SSN e, poiché teoricamente prive di rischio o gravi lesioni, vengono ancora adesso considerate espressioni di stati di disagio psicologico o ambientale che comunemente determinano gli alti e bassi della vita di ognuno di noi.
Questo non riconoscimento anche da parte del SSN ricade negativamente sulla persona affetta ed ecco perché molti sono i “non pazienti”, ovvero coloro che non si rivolgono al medico, ma ricorrono al fai-da-te, finendo per sopportare i disturbi e svolgere quindi un’attività quotidiana compatibile con le limitazioni imposte dalla malattia. Solo negli ultimi 25 anni, per una iniziativa presa da alcuni ricercatori medici a livello mondiale, sono state create commissioni internazionali che hanno sviluppato i criteri per la classificazione, la diagnosi e la terapia di affezioni come l’IBS: mi riferisco ai Criteri di Roma, dal luogo in cui gli esperti si sono inizialmente riuniti.
La sindrome dell’intestino irritabile risulta essere quindi la più frequente delle malattie funzionali gastrointestinali e in Italia ne è affetta circa il 17% della popolazione. E’ una delle più comuni malattie gastroenterologiche diagnosticata e si stima presente in un intervallo che va dal 25% al 50% delle consultazioni dei gastroenterologi. Si tratta di una patologia appartenente ad una categoria di malattie, dette funzionali, che per loro stessa natura e definizione, non hanno alcuna alterazione dimostrabile (causa materiale o organica) alle indagini diagnostiche, creando quindi anche un certo sconcerto nel paziente. La situazione più frequente è quella di fare esami per escludere tutte le malattie che possono presentarsi con gli stessi disturbi. Viene quindi effettuata la cosiddetta “diagnosi di esclusione” per poter rassicurare il paziente che non ci sono alterazioni organiche a carico del suo organismo.
L’IBS ha come caratteristica comune a tutti il dolore e/o il gonfiore e/o la distensione addominale in stretta relazione temporale, che peggiora o, più spesso, migliora dopo essere andati di corpo. La modalità nell’andare di corpo è alterata in tutti ma con tre diverse espressioni: con feci molli e frequenti; con feci meno frequenti e difficili da espellere e con feci che variano da molli e frequenti a dure e infrequenti (tipo misto). Ricordiamo che la forma delle feci dipende anche dal contenuto in acqua e dal tempo di transito nel colon (scala di Bristol). I disturbi, poi, non sono necessariamente sempre frequenti ma, si manifestano in maniera ricorrente ed imprevedibile, intramezzati da periodi di benessere ma è opportuno ricordare che non sono presenti fattori di rischio.
Vediamo insieme quali sono queste red flags e segnali di allarme:
L’anemia,
Risvegli notturni o sintomi di recente insorgenza,
Naturalmente familiarità per malattie croniche intestinali o cancro,
Perdita di peso,
Sanguinamento gastrointestinale,
Alterazioni degli esami di laboratorio,
L’assenza di questi sintomi o altri fattori di allarme e la negatività delle indagini di laboratorio, rendono dunque improbabile che le manifestazioni siano causate da alterazioni organiche (infiammazione, tumori, infezioni) e dunque il quadro sintomatologico rientra nella diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile. Vediamo ora come è costituito l’ecosistema intestinale.. Osservando la struttura tubulare del canale alimentare dal suo interno verso l’esterno troviamo: nel lume cibo in via di digestione, secrezioni, microbiota, ovvero la flora intestinale; il muco, cioè una sostanza vischiosa, adesa alla superficie interna della parete formata da un solo strato di cellule epiteliali connesse da giunzioni strette. Immediatamente al di sotto, troviamo una diffusa rete di capillari sanguigni che servono a trasportare i nutrienti assorbiti o altre sostanze ivi secrete o entrate dal lume. In questa sede sono infine presenti le diramazioni terminali delle fibre nervose e, diffuse nel tessuto in intima vicinanza con i capillari e le fibre nervose, si trovano le cellule immunitarie che, singolarmente o raggruppate in opportune strutture, rappresentano nel loro insieme il maggiore sistema di difesa immunitario, circa il 70% dell’organismo.
La permeabilità di questa barriera varia nell’arco della giornata, dal periodo di digiuno a quello digestivo, e si modifica in seguito a variazioni del microbiota. Può essere infranta da agenti esterni, germi o virus patogeni, diventando quindi più permeabile. L’aumentata permeabilità è il meccanismo essenziale per comprendere l’origine di molte malattie, sia intestinali che di vari altri organi, e anche del nostro stato mentale. Qui vediamo alcune delle altre condizioni che generano disbiosi:
Stress
Diarree infettive
Sindrome intestino irritabile
Malattie infiammatorie croniche intestinali
Malattia diverticolare
Iperproliferazione batterica del tenue
Cambio di dieta
Invecchiamento
Farmaci (antibiotici, fans, inibitori di pompa protonica)
Glutine (celiachia, sensibilità al glutine)
Il microbiota dialoga con le cellule immunitarie che, a loro volta, attivano le fibre nervose adiacenti inviando segnali di apertura alle giunzioni strette. Anche gli alimenti della dieta, ovviamente, modellano il microbiota che che infatti cambia a seconda della dieta seguita e del modo in cui si trattano gli alimenti. Diversa sarà infatti la flora batterica che ritroveremo nell’intestino a seconda che il soggetto sia un vegetariano oppure no, che mangi molti cibi industriali, che lavi frutta e verdura con disinfettanti, che mangi più cibi crudi o cibi cotti, che beva alcool o sia astemio, che faccia uso o meno di probiotici, etc. Lo stesso vale per la flora batterica residente nelle altre parti del corpo.
In stato di eubiosi e quindi normalità del microbiota , vi è un equilibrio tra l’ecosistema intestinale e l’intero organismo. La permeabilità della barriera intestinale non è alterata, le cellule immunitarie non stimolate da agenti nocivi producono citochine antiinfiammatorie; si ha la produzione di sostanze benefiche per l’organismo (triptofano, flavonoidi, polifenoli) che rinforzano la barriera epiteliale intestinale e mantengono il trofismo dell’organismo e la trasmissione dei segnali nervosi. In caso di disbiosi, invece, l’alterata permeabilità attiva le cellule immunitarie e la produzione di mediatori infiammatori. Questi aprono ulteriormente le giunzioni e, direttamente per via sanguigna, o indirettamente tramite attivazione delle fibre nervose, fanno pervenire al cervello sensazioni di fastidio, dolore, malessere, attivando il sistema neuroendocrino dello stress che rilascerà sostanze quali il cortisolo. Lo stress, di per se, puo infatti alterare la barriera e modificare profondamente tutto l’ecosistema intestinale.
Consigli utili…
Integrare alimenti dall’azione antinfiammatoria per ripristinare l’integrità della mucosa intestinale. Scegliere cibi ricchi di acidi grassi omega 3 che contrastano lo stato infiammatorio (pesce di piccola taglia e mare aperto, semi di chia, di lino, di canapa, olio di lino, noci).
Zenzero e curcuma in quanto entrambi i rizomi inibiscono le prostaglandine infiammatorie
Alimenti ricchi di antiossidanti per contrastare radicali liberi (mirtilli- antocianine; succo di carota- provitamina A). Per l’effetto pro-infiammatorio ELIMINARE: zuccheri e carboidrati raffinati, tutti i cibi industriali, raffinati e confezionati, latticini
Dott.ssa Raffaella Silvi, biologa nutrizionista – www.nutrizionistasilvi.it