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lunedì 15 Settembre 2025
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Adolescenti e visione distorta del proprio aspetto: se ne parla al Rosatelli

Il progetto “Adolescenza oggi. Aspetti affettivo-relazionale e prevenzione di eventuali disagi, dipendenze, patologie” ha coinvolto anche gli studenti delle classi 2SA e 2SB dell’Istituto di Istruzione Superiore Celestino Rosatelli di Rieti.

Promosso da Cittadinanza Attiva, dalla Fondazione Varrone e dalla casa editrice L’asino d’oro, il progetto ha visto arrivare nell’Istituto di viale Fassini il dottor Luca Giorgini, psichiatra e psicoterapeuta dell’età adolescenziale nonché coautore del libro “Dismorfofobia. Quando vedersi brutti è patologia” e la referente del progetto Deborah Alessandrini. La dismorfofobia o disturbo da dismorfismo corporeo (dal greco antico dis – morphé, forma distorta e φόβος,phobos = timore) è la fobia che nasce da una visione distorta che si ha del proprio aspetto esteriore, causata da un’eccessiva preoccupazione della propria immagine corporea.

Coinvolgente, interessante, eloquente, stimolante così gli alunni definiscono l’incontro che ha visto al centro la riflessione sulla dismorfofobia. Con l’originalità e la profondità dei loro interventi, gli studenti hanno saputo interagire con Giorgini e la Alessandrini, rivolgendo molte domande sulla complessa tematica affrontata. Questo disturbo si osserva principalmente negli adolescenti di entrambi i sessi, ed è strettamente legato alla trasformazione dell’età puberale.

Come conseguenza, i dismorfofobici spesso trascorrono molte ore al giorno a pensare al loro “difetto” e a come porvi rimedio, al punto che questi pensieri possono dominare la loro vita. Ne scaturiscono sentimenti di vergogna che possono portare anche a voler evitare le situazioni scolastiche o di contatto sociale.

C’è poi chi si affida alla chirurgia estetica, convinto che sia l’unica via d’uscita per le proprie sofferenze. Purtroppo però quando queste preoccupazioni sono di carattere ossessivo, sono indipendenti dall’effettivo aspetto fisico e quindi queste soluzioni drastiche non portano ai miglioramenti auspicati. Nonostante il disturbo sia stato identificato già da oltre un secolo, non esistono ancora teorie consolidate relative alla genesi. Alcune ipotesi fanno riferimento a cause di tipo psicologico (come ad esempio una serie di conflitti emotivi inconsci), altre tesi sostengono che dipenda da fattori neurobiologici.

Da non trascurare, poi, le ragioni di tipo socio-culturali, cioè l’enorme valore attribuito dai mezzi di comunicazione di massa a una bellezza fisica standardizzata e priva della benché minima imperfezione. “Tali fattori – ha sottolineato Giorgini – rappresentano delle concause nell’insorgenza di questo disturbo e ne spiegano la crescente diffusione negli ultimi decenni”.

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