Una rappresentanza dell’Associazione Culturale Reatina “Domenico Petrini”, costituita da Daniela Acuti, presidente del Sodalizio, e da Lino Martini, presidente del Collegio dei Probiviri, nella ricorrenza del 176° anniversario della morte di Anita Garibaldi (4 agosto 1849 – 4 agosto 2025), ha deposto un mazzo di fiori sul monumento dell’eroina, sito nel parco di Via Liberato di Benedetto. Per celebrare degnamente la memoria di questa donna valorosa, riassumiamo a grandi linee gli ultimi giorni della sua incredibile vicenda terrena. Da Nizza raggiunse il marito Giuseppe a Rieti il 26 febbraio 1849, mentre questi era dedito all’arruolamento della Prima Legione Italiana, corpo di volontari che successivamente condusse alla difesa della Repubblica Romana, aggredita dal corpo di spedizione francese del generale Oudinot, giunto in Italia con il compito di ristabilire il potere temporale del Papa.
Come noto, i coniugi Garibaldi dimorarono nel palazzo Colelli di Rieti fino al 13 aprile successivo, giorno in cui l’Eroe intraprese il lungo viaggio di trasferimento, nel corso del quale i volontari approdarono in un primo momento nella città di Anagni e infine sui bastioni romani di Porta San Pancrazio. Qui si copriranno di gloria imperitura nelle sanguinose battaglie combattute contro l’invasore. Contestualmente alla partenza del marito, Anita, noleggiata una vettura, fece ritorno a Nizza ma, protraendosi con incerte fortune le operazioni militari per la difesa di Roma, decise di raggiungere il marito per assicurargli sostegno, conforto e vicinanza (26 giugno). Caduta la Repubblica in mano francese (3 luglio), insieme con lui marciò verso le province del nord alla testa di un ardimentoso manipolo di uomini, decisi a sollevare quelle popolazioni contro gli occupanti francesi. Ma inseguita dai nemici e attesa a nord da potenti contingenti austriaci, la colonna fu costretta a rifugiarsi nella Repubblica di San Marino ove, constatata l’impossibilità di proseguire la lotta, Garibaldi sciolse la Legione e con i pochi volontari rimasti tentò di raggiungere Venezia. Anita, incinta di cinque mesi, era stanca e gravemente ammalata. Con lei al seguito Garibaldi si diresse verso la costa alla ricerca di un porto, onde imbarcarsi per la città lagunare, ancora in lotta contro gli Austriaci.
Con un po’ di fortuna i fuggiaschi giunsero a Cesenatico, dove riuscirono a disarmare i gendarmi di un piccolo presidio austriaco e ad impossessarsi di tredici bragozzi da pesca, sui quali, la mattina del 2 agosto, si imbarcarono alla volta di Venezia. Ma gli Austriaci intercettarono la piccola flottiglia e catturarono dieci imbarcazioni. Fortunosamente Garibaldi ed Anita erano in una delle tre superstiti. Per sottrarsi alla cattura, veleggiarono verso la terraferma e con i pochissimi rimasti sbarcarono a Magnavacca. Poi, a marce forzate, raggiunsero le paludi di Comacchio. Per sfuggire più facilmente agli inseguitori, la comitiva si divise in piccoli gruppi. Rimasti in un campo, Garibaldi e Anita furono soccorsi da un repubblicano del luogo, il colonnello Bonnet, che aveva combattuto a Roma e, ferito, era tornato a casa. Trovarono riparo dapprima in una casupola, ove Anita fu assistita dalla sorella di Bonnet. Da lì attraversarono parte delle valli di Comacchio, si portarono in località Mandriole, frazione di Ravenna, e vennero ospitati nella fattoria del marchese Guiccioli. Per Anita, però, non vi era più nulla da fare. Il 4 agosto, a sera, spirò tra le braccia dell’Eroe. Per non causare noie a quella famiglia, Garibaldi pregò i compagni di seppellirne il corpo e ripartì verso l’Appennino. Era rimasto in compagnia del solo Leggiero. Insieme passarono in Toscana. Poi, raggiunta la costa tirrenica nei pressi di Follonica, s’imbarcarono e raggiunsero Portovenere, territorio sabaudo. Per i coniugi Garibaldi il periodo reatino fu uno dei più belli della loro esistenza. In futuro l’Eroe ricorderà sempre con gratitudine la generosa ospitalità ricevuta a Rieti.
Qui ebbero il periodo più lungo e felice della loro vita coniugale in Italia, riuscendo anche a concepire il quinto figlio, purtroppo mai nato, come si è visto, per la tragica morte della donna nelle valli di Comacchio. In contemporanea con le celebrazioni promosse dall’«Instituto Cultural Anita Garibaldi» di Laguna, città brasiliana che ha dato i natali all’eroina, e dal suo infaticabile Presidente, l’ottimo avv. Adilcio Cadorin, nostro Socio Onorario, l’Associazione “Petrini”, da sempre impegnata nella ricerca storica e nella salvaguardia del patrimonio culturale di questo territorio, con l’omaggio floreale al suo monumento ha voluto onorare la memoria di una donna fedele e tenace, che ha dato molto alla causa della nostra unità nazionale, fino all’estremo sacrificio della vita. (Lino Martini)