Credenti e non, siamo UMANI, tutti chiamati a remare insieme…

FOTO: Vatican News

In tempo di coronavirus dove la possibilità di vivere la fede sembra enormemente limitata dalle esigenze di tutela della salute pubblica, la speranza della Pasqua potrebbe facilmente essere offuscata dalla paura, dalle incertezze e dalla sofferenza morale e fisica dovuta alla tragicità del momento.

Ed è così che, come la manna dal cielo per il popolo ebraico, la Penitenzieria Apostolica ha emanato lo scorso 19 marzo 2020 un decreto con il quale ha stabilito le modalità con le quali è concessa la speciale indulgenza ai fedeli nell’attuale situazione di pandemia.

Nel Catechismo della Chiesa cattolica e nel manuale delle indulgenze del 2008, si spiega che “l’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi”.

Per meglio chiarire il concetto, si può ricorrere all’esempio dello steccato e dei chiodi utilizzato spesso con i bambini del catechismo. Secondo questo esempio, il peccato è il chiodo che ogni volta che “bariamo” infiliamo nello steccato. Il ricorso al sacramento della confessione estirpa il chiodo dallo steccato (remissione della colpa) ma su di esso, tuttavia, resta il foro lasciato dal passaggio del chiodo (la pena temporale per i peccati). L’indulgenza è lo strumento mediante il quale anche il foro viene meno e lo steccato torna ad essere nuovo.

Di norma, per poter ricevere l’indulgenza, è necessario, oltre all’esclusione di qualsiasi affetto al peccato anche veniale, “adempiere le tre condizioni: confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice” (cfr. norma 20§1 norme sulle indulgenze tratte da: manuale delle indulgenze. norme e concessioni, Città del Vaticano 2008).

Per i fedeli affetti da Coronavirus, ai familiari, i sanitari ed a tutti coloro che li assistono o che pregano per loro, in deroga a tale norma, attesa la specialità del tempo che stiamo vivendo, la Penitenzieria ha previsto che l’indulgenza possa essere lucrata in forma “straordinaria” rispetto ai sacramenti della confessione e dell’Eucarestia essendo sufficiente “la volontà di adempiere le solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), non appena sarà loro possibile”.

Con particolare riferimento al sacramento della confessione va comunque segnalato che il Catechismo della Chiesa cattolica prescrive già la possibilità di riconciliarsi con il Signore ed ottenere il perdono dei peccati mediante l’esame di coscienza e la recita dell’Atto di dolore, una vera contrizione accompagnata dal proposito di non peccare più e di recarsi al confessionale non appena possibile.

Accanto a questa speciale grazia, il Santo Padre ha previsto l’ulteriore dono dell’indulgenza plenaria per tutti coloro che avranno ricevuto la benedizione Urbi et Orbi impartita durante il momento di preghiera tenutosi in una deserta (ma in realtà pienissima) piazza San Pietro.
Anche questo è un evento del tutto straordinario, senza precedenti. Ed infatti la Benedizione Urbi et Orbi viene di regola impartita dopo l’elezione del Sommo Pontefice, il giorno di Natale ed in quello di Pasqua. Si rivolge a Roma ed al mondo intero ed ad essa è appunto annessa l’indulgenza plenaria.

Non vi è dubbio, quindi, che nonostante la tempesta, è già Pasqua, è già festa, è già resurrezione e la straordinarietà degli eventi sopra citati ce lo ricorda.

Di Margherita Vernillo e Annalisa Mazzeo (avvocati ecclesiastici)