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martedì 16 Settembre 2025
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Da Fara Sabina il messaggio: “Investire sulla cultura significa investire sul futuro”

L’amministrazione “illuminata” di Fara in Sabina investe 106 mila euro, dei quali 35
mila da fondi regionali, per sviluppare un museo lanciando a tutto il paese un messaggio importante: se in Italia investiamo nella cultura, investiamo nel futuro, perché creiamo turismo e occupazione.


Al messaggio importante si aggiunge un invito alla cultura affinchè si studi meglio la
storia, la vita e l’arte di un popolo ancora misterioso, i Sabini. Entrambi i messaggi
sono partiti dall’evento d’inaugurazione della sala Eretum del Museo Archeologico di
Fara in Sabina, che si è tenuto nella mattinata di sabato 6 aprile.

A lanciarli l’amministrazione comunale, il sindaco Davide Basilicata in primis e
l’assessore alla Cultura Patrizia Trambusti, la direttrice del Museo Maria Luisa Agnelli
e l’archeologo e ricercatore del CNR Enrico Benelli, al quale la cultura italiana deve
tanto per aver individuato una tomba ricca di reperti sabini di rilevante importanza.

Con loro gli architetti Marilù Schiera e Alessandro Coan, che hanno progettato la nuova bellissima sala. I reperti, gioielli, spade e ceramiche, tutti molto raffinati, che furono ritrovati in una tomba della vecchia Eretum, nei pressi delle attuali cittadine di Montelibretti e di Monterotondo, fanno bella mostra in teche di cristallo che permettono ai visitatori di
apprezzare anche le pareti affrescate delle stanze del Palazzo Brancaleoni del XV sec.
che ospita il Museo.

Nelle sale attigue i reperti ritrovati nell’antica Cures, capitale del popolo dei Sabini,
l’attuale Talocci, e il Cippo di Cures, unica testimonianza della lingua scritta di questo
popolo ancora in parte sconosciuto. In una sede attigua una sala ospita un trono, un
altro grande gioiello di terracotta rosata.
Grande assente perché il Mibac lo custodisce temporaneamente, si spera, il carro del
principe sabino ritrovato nella stessa Eretum, ma purtroppo trafugato da oscuri
tombaroli e finito in un museo danese, che qualche anno fa ha acconsentito a farlo
rientrare in Italia assieme ai finissimi ornamenti in oro del carro stesso ed ad altri reperti archeologici etruschi che appartengono alla storia del nostro paese.

Auguriamoci a tale proposito che l’appello del sindaco Basilicata al ministro dei beni
culturali per il ritorno a Fara in Sabina del carro principesco non resti inascoltato,
perché sarebbe un grave danno per un territorio, quello sabino, che ha una forte
vocazione turistica per la presenza nei suoi tanti borghi medioevali di ricchezze
naturali, artistiche e culturali, che stanno accanto all’ottimo olio ormai noto in tutto il mondo.

Giuseppe Manzo

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