Maria Petrucci

Maria Petrucci – nasce nel 1938 a Toffia (Rieti), terra Sabina collinosa e generosa di uliveti dove la natura, ancora oggi, dà un insegnamento che avvicina alle nascoste verità degli esseri e delle cose da cui Maria, fin da bambina, ne coglie la poesia.
Petrucci vive la sua prima giovinezza a Roma; nel 1963 si trasferisce a Riccione per un paio d’anni. In seguito va a vivere nel mantovano dove nasce artista, la tiene a battesimo l’ambiente artistico di Mantova, ricco di cultura, nel quale lei si forma felicemente, come pittrice e scultrice.
Nel 1986 torna al paese natio, Toffia, con un grande bagaglio di esperienze artistiche che, negli anni, saranno per lei una guida ed un prezioso tesoro.
Nel 1991, dopo la morte dei genitori, allestisce nella casa paterna un museo dedicato al padre Raniero. Nasce così "Casa Museo Raniero", dove si possono ammirare le opere dell’artista esposte permanentemente in cinque stanze, una delle quali raccoglie testimonianze della civiltà contadina della Sabina.
Il paese medievale e il Museo, posto nel centro storico, sono meta di turismo e Maria Petrucci spalanca cortesemente le porte della sua casa-museo ai graditi visitatori, ai quali illustra la storia di Toffia su cui recentemente ha fatto una pubblicazione. L’artista è anche autrice di poesie e di romanzi editi.
Dal 1972 ad oggi, l’artista ha tenuto personali e partecipato a collettive a: Toffia, S.Antonio di Porto Mantovano, Mantova,Cremona,Sermide, Verona, Rieti, Roma, Terminillo, Tivoli, Montopoli, riscuotendo successo di pubblico e di critica.

Maria Petrucci
Implorazione

Maria Petrucci
L’occhio dell’occulto

ANNO PARLATO DELLA SUA PRODUZIONE ARTISTICA:

G.L.Verzellesi (giornalista) "Le sculture lignee di Maria Petrucci, nascono da un intento ingenuamente popolaresco, diametralmente opposto a quello degli artisti ansiosi d’inserirsi nelle cerchie d’avanguardia. Questi ultimi cercano di applicare certe ricette che puntano alla novità; la Petrucci invece confida nell’abbandono ad una vena istintiva, mai stanca di fissare le forme sommarie, di spiccato risultato tattile, i motivi figurati prediletti che evocano scene e scenette strapaesane.
In un clima quasi primordiale, figure umane e animalesche sembrano tratte dalle pagine di un vecchio libro di favole rusticane, che narrano del "Raccoglitore di legna", dell’"Intesa" tra una vecchia e un cane e delle meraviglie di una "Cucciolata".

Dino Villani (critico d’arte) "Marita Petrucci, se guardiamo alla sua biografia, può veramente riconoscersi, dopo le molte traversie che ha affrontato e superate, soltanto armata di fiducia e di tenacia, in uno di questi tormentati e nodosi ciocchi che si pone davanti per dare una frustata alla fantasia.
La materia inerte, sotto il suo benevolo sguardo indagatore, si anima, le forme appena accennate, si sviluppano e si completano; l’opera della mano che interviene, districa il groviglio e mette allo scoperto quello che sembra volersi nascondere. Vediamo così uscire dai ceppi, le immagini che mantengono il tormento della loro genesi; corpi umani e di animali che si contorcono ma più spesso si stringono in un abbraccio tanto forte da lasciar qualche volta temere che si finiscano per stritolarsi. Questo senso di amoroso tormento, lo troviamo anche nelle sculture ricavate non dai ciocchi, ma da spezzoni dei tronchi o da forcelle di rami, perché risponde evidentemente, ad un modo di sentire dell’artista, quello di cercare di rappresentare la sofferenza delle creature, di mostrare volti e corpi contratti, rotti dalla fatica, fiaccati dal dolore o dalla stanchezza.
Qualcuno potrebbe essere spinto ad inserire Maria Petrucci, tra i rari scultori naivs che si conoscono, per certe sue ingenuità spontanee, veramente genuine ma noi pensiamo non rientri in questa categoria ma si inserisca e con una certa autorità in quella degli artisti popolareschi che divengono spesso acuti per quel senso di ricerca che vediamo sempre in atto nella sua opera; per l’invenzione che si nasconde nelle scoperte che compie su vaghe indicazioni".

Ezio Moglia (critico d’arte) "Il discorso di Mari Petrucci suggerito dalle opere presentate in questa mostra, si propone all’attenzione per il rigore e il vigore che lo caratterizza. Un rigore calato nella tentazione delle forme naturali, corretta e sorretta però da un principio di manualità legato allo specifico della scultura, "legni" intagliati nel duro noce dalla Petrucci riportano a strutture antiche e semplici, molto vicino alle figure popolari, a sagome naturalistiche, a totem primitivi.

Elda Fezzi (critica d’arte) " Torna ad esporre a Cremona Maria Petrucci, pittrice e scultrice originaria della provincia di Rieti ma operosa da anni a Porto Mantovano. Presenta ancora una volta i suoi "legni", drammatiche ed espressive sculture che sembrano "trovate" nelle radici stesse dentro la terra, tra le rocce.
La fedeltà al materiale "legno" è intesa dalla Petrucci con un ricorso dei tipi di una scultura arcaica e popolare, alla quale si richiamano non soltanto le strutture (figure semplici, stele molto vicine alla sagoma del tronco; oppure a forma di ceppo, da cui spuntano figure) ma anche il vigoroso metodo dell’"intaglio" (e non del modellare, rifinire plasmare).E’ un tipo di lavoro assai più duro, che impegna lo scultore in una difficile lotta con la materia e la Petrucci affronta il noce!
Le soluzioni figurali della Petrucci mostrano anche una ricchezza di immaginazione, sia nella invenzione formale che nella tonalità data ai "legni". Certe piccole sculture di strane creaturine zoomorfe e antropomorfe (immagine di un sogno) sembrano misteriose "sfingi" di un mondo contadino o infantile intensamente vissuto".